Dhaulagiri 2005: Viaggiando nel tempo sospeso, cronache d’avvicinamento

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4/04 Prima cronaca dal viaggio di avvicinamento al Dhaulagiri della spedizione di Romano Benet, Nives Meroi, Luca Vuerich, Inaki Ochoa, Erri De Luca, Cesare Giuliani, Roberto Alloi, Mario Cedolin, Klemen Gricar, Christan Stangl, Peter Guggemos e Ivan Vallejo.

Quanta distanza c’è tra il mondo reale e quello dell’immaginazione? E quanto è lontano il viaggio pensato da quello che poi si vive? La risposta (l’unica risposta) può arrivare solo dal viaggio stesso che, passo dopo passo, diventa esperienza irripetibile. E’ questo vissuto che restituisce all’immaginazione uno spicchio di realtà. Così in questa prima cronaca dalla spedizione di Meroi, Benet, Vuerich e compagni, che Manuel Lugli ci invia dal Nepal, c’è tutto il senso del viaggiare come attimo in movimento di un’altra dimensione (e vita) che si svela.

VIAGGIANDO NEL TEMPO SOSPESO
cronache d’avvicinamento al Dhaulagiri
di Manuel Lugli


Pokhara, 4 aprile 2005.

Il tempo si dilata, come sempre qui in Asia. Ma questa volta di più: due giorni per riuscire a raggiungere Pokhara da Kathmandu. A suo modo un record. Un primo tentativo mancato, con ritorno a Kathmandu dopo appena 10 chilometri. Il secondo riuscito, ma dopo ben 13 ore di bus, giornata che include una gimkana tra camion ribaltati per eccessi di foga, blocchi dell’esercito ed uno sciopero maoista – un bandh, come si dice in Nepal – a rendere la nostra progressione un singhiozzo interminabile. Per fortuna, il gruppo è sperimentato ed esperto, davvero belle persone. Conosce i tempi ed i modi di questi spostamenti. Non ci sono impazienza né lamentele. Si attende, leggendo, dormendo, chiacchierando seduti sui paracarri, giocando a carte, ed osservando questo mondo multicolore di camion, gente, bus stracolmi di umanità che si sposta per vivere, più che per diletto come noi.

Molti viaggiano sui tetti dei bus, tra galline e biciclette. Anche alcuni turisti, che si godono una prospettiva del tutto nuova da lì, un punto di vista più “ruvido” del viaggio, ma che a volta fe davvero sentire più vicini a questa gente. Per esperienza personale, il viaggio nel cassone di un camion o sul tetto di un autobus, a volte riesce a regalare emozioni e sensazioni inaspettate. Fornisce una specie di terzo occhio. Questo non toglie che quando arriviamo a Pokhara, non si sia tutti un po’ “cotti”, desiderosi di una bella birra fredda ed una steak come si deve.

Pokhara, la perla del Nepal, è sospesa, la sera. Poca gente in giro, pochi i turisti a spasso. Il proprietario del nostro hotel ci dice che quest’ultimo sciopero indetto dai maoisti ha fatto partire la maggior parte dei turisti, timorosi di rimanere bloccati qui senza nulla da fare né da comprare – terribile quest’ultima prospettiva! – visto che i negozi sono chiusi. In realtà scopriamo presto che questo ennesimo bandh viene rispettato ben poco e che Pokhara è tranquilla come sempre. “Siamo stufi” ci dice Juna all’hotel Greenpeace, un delizioso hotel del centro, “Non ne possiamo più di scioperi che non servono a un accidente, di re, di politici, di maoisti. La triste realtà è che il turismo, in questa che dovrebbe essere alta stagione, non c’è e gli unici a farne le spese siamo noi e tutti quelli che vivono di questa che è la principale risorsa del Nepal.”

Dalle agenzie, fino all’ultimo dei portatori, ecco chi paga il prezzo più alto di questa situazione che sembra trascinarsi all’infinito. Pochi giorni fa i ministri messi agli arresti dal re, sono stati rilasciati. E la storia riprende da dove si era fermata: nuovi “importanti” colloqui, nuove istanze, nuove richieste. Il tutto mentre il Nepal continua a restare schiacciato tra maoisti ed esercito, tra turisti che non vengono e lavoratori senza lavoro che emigrano.

Oggi noi si riparte, destinazione Beni, dove inizia il nostro trek per il campo base del Dhaulagiri. Altre attese pazienti ci aspettano, altri ritardi. Ma se questo è il prezzo che dobbiamo pagare noi per le nostre peregrinazioni, non è poi gran cosa.

Manuel Lugli

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Foto Luca Vuerich

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