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Riceviamo dal Soccorso Alpino e Speleologico Veneto e volentieri pubblichiamo il racconto, di un incidente in montagna e del relativo soccorso, che è stato raccolto ieri sera in occasione del 10 anniversario dall’accaduto. Una storia raccontata dagli stessi protagonisti (salvato e salvatori) che, a distanza di tanto tempo, forse può servire più di mille appelli sul soccorso, sugli incidenti in montagna e anche su ciò che può succedere e sugli errori che si commettono andando per monti.

Sappada (BL), 09/09/2016. Dopo il suo incidente in montagna, Gianni è tornato ogni anno a Sappada per passare qualche ora con gli uomini che allora lo trassero in salvo ritrovandolo gravemente ferito in un canale roccioso, ormai prossimo il buio. Era il 4 settembre del 2006 e ieri sera, nel decennnale, Gianni Deserti – 73 anni, originario di Ferrara, bellunese d’adozione, residente a Ravenna – ha ricordato quelle ore, circondato dal Soccorso alpino di Sappada. Dagli stessi soccorritori che ostinatamente lo cercarono quel giorno e dai giovani che sono entrati a rafforzare la Stazione in seguito. Gli occhi col sorriso di chi ha vissuto un’esperienza che lo ha cambiato, camminatore instancabile, Gianni ha iniziato così: “Ero partito la mattina alle 9 da Sappada, avevo pensato a un certo percorso: raggiungere il Rifugio De Gasperi (dal sentiero 316 Corbellini, ora chiuso perché franato) e rientro da un itinerario diverso, dalla Forca dell’Alpino, passando dal Bivacco Damiana, nel Gruppo del Clap. La giornata era stupenda, sole caldo, atmosfera tersa. Sono arrivato sudato al Rifugio De Gasperi, mi sono tolto i vestiti per metterli ad asciugare, avevo il costume, e ho mangiato qualcosa sul prato: ‘pan e gaban’, come dice un vecchio amico carnico. Mi ricordo che è arrivato un pulmino con 7-8 ragazzi guidato da un signore. Erano tutti suoi figli. Quando ho finito, verso l’una e mezza, mi sono rivestito. Indossavo pantaloncini corti con grandi tasconi laterali. Di solito il cellulare lo tenevo a destra, quel giorno non mi sono accorto e l’ho infilato nella tasca opposta. Questo gesto mi ha salvato la vita: sono caduto sul lato destro, lo avrei di sicuro sbriciolato. Il gestore del Rifugio mi chiese il numero di telefono e mi diede il suo. Poi mi sono avviato. Ho superato un lungo ghiaione, i segnali sul sentiero non erano tanti. Mi sono distratto, comparivano dei bolli rossi distanziati. Arrivato alla forcella, la scritta era parzialmente cancellata, non sono riuscito a leggere e sono andato a sinistra”.

Un bivio, una scelta errata, anziché procedere verso Forcella dell’Alpino, Gianni s’incamminò verso Forcella Clap Grande. “Una gola stretta. Nella peggiore delle ipotesi, pensai, torno indietro. Ho visto il bosco in fondo, due persone che scendevano con le corde, mi hanno incoraggiato a proseguire. Mi sono ritrovato sopra un salto tra due pareti di roccia, mi sembravano cementate, con appigli. Mi ha spinto la troppa sicurezza di me, l’arroganza del ‘ce la faccio’. Ho buttato giù il bastone, legato bene lo zaino e sono sceso. Non credo di avere fatto più di due metri. La sporgenza a cui mi tenevo si è staccata. Non volevo cadere di schiena. Ho puntato le ginocchia e mi sono lasciato scivolare, lo zaino mi ha protetto in parte. Sono arrivato al suolo di fianco. D’istinto ho tenuto su la testa. Solo che non c’erano sassi arrotondati sotto. Nella botta non ho provato dolore, però ho sentito il rumore delle ossa rotte. Non riuscivo più a respirare. Vuoi alzarti in piedi e non ce la fai”. Nell’incavo di pietre aguzze in cui era finito, Gianni si era rotto 4 costole, che gli avevano forato la pleura e un polmone, e si era fratturato la cresta iliaca destra. “Sulla diagnosi c’era scritto ‘esplosione della cresta iliaca’. Ho cercato di calmarmi, mi sono concentrato. Se ti spaventi, non riesci più a respirare. Ho iniziato a strisciare sui sassi. Se mi alzo, pensavo, e c’è qualcosa di rotto, spacco tutto. Mi sono tranquillizzato, ho riflettuto: dovevo chiamare. Ho messo la mano nella tasca e non ho trovato il telefono, mi si è gelato il sangue. Poi tastando i pantaloncini l’ho rinvenuto nell’altra tasca e ho iniziato a chiamare il 118”.

Alla voce di Gianni si unisce quella di Gianpaolo, allora vicecapostazione, e di Christan, capostazione oggi, la squadra che riuscì a individuarlo: “La sua caduta probabilmente è avvenuta attorno alle 14.30. Lì non c’è alcuna copertura telefonica. Gianni è riuscito a prendere miracolosamente la linea quasi alle 17, ancora oggi non sappiamo come abbia fatto”. Gianni continuava a comporre le tre cifre: “Alla fine si è attivata la comunicazione e dalla centrale operativa mi ha risposto Emma, le ho detto che ero partito dal De Gasperi e presumevo di essere sul sentiero. Poi la linea è caduta e non sono più riuscito a parlare”. Gianpaolo e i suoi uomini vennero attivati subito, l’elicottero del Suem di Pieve di Cadore imbarcò Gianmarco, uno dei soccorritori, per effettuare una prima ricognizione: “In quelle poche parole Gianni aveva detto che era partito dal De Gasperi, insisteva nel dire che era sul Passo dell’Alpino. Noi dovevamo pensare a ogni ipotesi, sia che potesse trovarsi sulla Forca dell’Alpino, che sul Passo del Mulo, dalla parte opposta. Con l’elicottero abbiamo sorvolato anche il punto in cui era caduto, e lo avremmo visto fosse stato ancora lì, ma era riuscito a trascinarsi 200 metri più in basso, in un tratto infossato”.

Dopo la prima rotazione senza esito, l’eliambulanza ne compie una seconda con Gianpaolo a bordo, che poi sbarca in quota per avviare la ricerca a piedi lungo i valloni. Poco dopo l’A 109 K2 trasporta in quota anche Nino e Christian. Nino scende verso il Bivacco Damiana, Christian si unisce a Gianpaolo sulla Forca dell’Alpino. Il pomeriggio volge al termine, l’elicottero deve andare a fare carburante. Forse si riuscirà ancora a elitrasportare altri soccorritori, in ogni caso l’intera Stazione è già pronta a muoversi a piedi. Riprende Gianni: “Prima l’ho sentito, poi ho visto l’elicottero. Con la parte in forma ho messo la giacca a vento sul bastone per sventolarla. Oltretutto ero vestito di scuro: bisogna andare in montagna con abiti rossi o arancioni. Ho provato 2-3 volte, ma non c’era più. Con pantaloncini corti e tshirt è arrivato il freddo. Passava il tempo, il sole scendeva ed è cominciato lo sconforto. Mi cadevano le lacrime e pensavo: ho fatto una grande cavolata e la pago con la vita. Ho salutato mentalmente i miei cari. Il mio ciclo di vita finiva, ero consapevole che non avrei passato la notte: ogni volta che mettevo la mano sul bacino la ritraevo bagnata di sangue. Finché all’imbrunire sono riuscito a prendere la linea di nuovo. Ho saputo dopo che le onde radio si propagano meglio di sera. Mi ha risposto ancora Emma, è stata estremamente esperta e umana nell’incoraggiarmi. Contemporaneamente era in contatto con il pilota: ‘Insistete, ce l’ho in linea adesso, dai che lo trovate!’”.

Sono quasi le 19 quando Gianni per la seconda volta parla con il 118. Lui non lo sa, ma Gianpaolo e Christian, dopo essere passati sul versante friulano, hanno salito la Forcella di Clap Grande, sono scesi dietro e stanno verificando il canale in cui si trova lui, il Cadin di Elbel: “Stava diventando buio, le squadre erano pronte a partire, noi percorrevamo a piedi i valloni, l’elicottero era a fare carburante. Continuavamo ad avere problemi con le radio, quando scendendo, gli siamo arrivati sopra. Abbiamo subito dato conferma che l’avevamo trovato: è qui! L’elicottero, che stava tornando per l’ultima ricognizione, ha stentato a vederci nel canale chiuso. Gianni è stato imbarellato rapidamente e verricellato. Marco dall’elicottero ci ha detto ‘torniamo a prendervi’. Noi gli abbiamo risposto ‘non ci pensate nemmeno, scendiamo a piedi’. Sul prato a valle, i ragazzi hanno creato una piazzola illuminandola con i fari del fuoristrada e delle frontali per agevolare l’atterraggio”. Caricato a bordo, Gianni è stato trasportato a Pieve di Cadore. Ricorda quei momenti: “Era il tramonto. Quando li ho visti arrivare tremavo talmente da perdere ogni forza. Non dimenticherò mai quando mi hanno coperto con il telo termico, era come se avessero acceso un fornello. Mi hanno ridato la vita. Più tardi Emma è passata a trovarmi in ospedale, ho riconosciuto immediatamente la sua voce. Ho passato 16 giorni a Pieve e 15 a Ravenna, alla clinica San Francesco. Finché ho vita attiva e capacità di guida, anche solo per una settimana continuerò a venire a Sappada. Verrò sempre per questi ragazzi qui”.

Soccorso Alpino e Speleologico Veneto
Michela Canova

Terza giornata del Melloblocco 2016: in Val Masino continua il gioco della libera arrampicata sempre all’insegna della bellezza e del Karma del Mello. A partecipare al più grande raduno internazionale del boulder sono già in 2.500!

Cose da Melloblocco. La voce girava già da ieri: diceva che stamattina il MelloYoga si sarebbe trasferito in cima al Sasso Remenno per uno speciale saluto al sole. Non c’era nessun annuncio ufficiale, girava solo un passaparola. D’altra parte qui funziona così: la libera arrampicata scatena le fantasie più improbabili, e anche meno prevedibili. La domanda era: quanti si sarebbero presentati dopo la festa notturna di venerdì ai piedi del signore di pietra della Valle? E poi era vero? Fatto sta che alla base del gigante stamattina si sono ritrovati in tanti, anzi tantissimi. Ad attenderli dopo la scalata c’era il giardino (incantato) di vetta. Di lì si domina la valle e tutto è un po’ sospeso e magico… Così le sessioni yoga si sono sdoppiate in due turni per un indimenticabile saluto al sole.

Indimenticabile questa mattina è stato anche il risveglio, o se volete il saluto al sole, del MelloBaby. Erano almeno 50 i bambini e le bambine di ogni taglia che si sono presentati all’appuntamento sul prato del Centro Polifunzionale della montagna. Ad attenderli una piccola (e dotta) lezione di “igiene orale” su come si usa lo spazzolino. Poi tutti via ad arrampicare alla Collinetta dove i loro maestri nonché guide alpine, Gianluca Maspes e Davide Spini, hanno iniziato da come si usa appunto lo spazzolino per pulire gli appigli per poi “scatenare” i giochi verticali dei più piccoli melloblocchisti. Che a dire il vero non hanno per nulla sfigurato, anzi hanno dimostrato che a saper giocare e divertirsi sono dei campioni. Stesso discorso per i ragazzini e le ragazzine del turno pomeridiano che (più sfortunati) questa mattina erano a scuola. Per loro uno speciale dopo scuola che sembrano aver accettato con dedizione, entusiasmo e, da bravi melloblocchisti, tanta… arrampicata.

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A proposito di melloblocchisti. Per tutta la mattina la coda delle iscrizioni non si è mai sciolta. Alla fine oggi ne sono arrivati altri mille, portando gli iscritti a 2.500. Intanto l’atmosfera, si potrebbe dire anche il Karma, del Mello 2016 continua ad essere particolare. E’ difficile descriverlo bisognerebbe esserci. Sarà forse per il sole o sarà perché questo è il Melloblocco, ma sembra proprio che quest’anno regni la… tranquillità e un ritmo di rilassato, puro e semplice divertimento. Anche, e soprattutto, nell’arrampicata. Su tutti i boulder, dovunque si andasse, dovunque si girasse l’occhio, c’era qualcuno che arrampicava. Tutto secondo il libero mantra del Mello.

Un inafferrabile spirito, forse ispirato dalla bellezza di questa Valle, che sembra aver conquistato tutti. Anche i campioni, quelli che sono impegnati a risolvere i magnifici 12+12 blocchi a montepremi. Qualcuno dei nuovi top boulder sembra resistere, qualcuno è già stato conquistato. domani – alla chiusura dei giochi – ne sapremo di più. Nel frattempo, sempre a proposito di campioni dell’arrampicata, tra i tanti piacevoli e in parte inattesi arrivi in Valle c’è stato quello del mitico Cristian Brenna (e famiglia). Del maestro d’arrampicata Stefano Alippi. Della campionessa slovena Maja Vidmar. Mentre, direttamente da Magic Wood (Svizzera) dove si è preso la soddisfazione di un gran top da 8C, è arrivato anche il magico Gabriele Moroni. E forse, anche questo loro voler esserci, ha a che fare con il Karma del Mello.

Stasera il festone del sabato si scatenerà con la musica dei Circo abusivo, anche loro ormai parte del Mello.

diVinicio Stefanello

– TOP BLOCCHI MONTEPREMIO DAY 3

NEWS MELLOBLOCCO 2016
07/05/2016 – Melloblocco spirit images. By Im Duck Yong
06/05/2016 – Melloblocco 2016 – day 2. L’arrampicata social
05/05/2016 – Melloblocco 2016 – day 1. Il Mello inaspettato
05/05/2016 – Melloblocco 2016 start: sole e boulder per tutti
03/05/2016 – Melloblocco 2016: mi sono perso

Il climber sloveno Jernej Kruder ha effettuato la probabile prima ripetizione di Pontax, una via di arrampicata deep water solo gradata 8c e liberata nel 2005 da Chris Sharma a Es Pontas, Maiorca, Spagna.

La scorsa settimana il fortissimo ed eccentrico climber sloveno Jernej Kruder si è recato sull’isola spagnola di Maiorca per toccare con mano la specialità che sta crescendo a dismisura in popolarità: il deep water solo, detto anche Psicobloc, ovvero l’arrampicata senza corda sopra l’acqua. E subito si è reso conto che questo genere d’arrampicata fa proprio per lui.

Nel suo primo giorno sull’isola infatti, Kruder ha salito a-vista Weather man, la classica via di 8a+ liberata da Chris Sharma, poi ha deciso di provare subito l’obiettivo principale del viaggio, la famosa Es Pontas, liberata da Sharma nel 2006. Irripetuta e con difficoltà stimate attorno al 9a/9a+, questa via vanta un passaggio chiave sullo spigolo finale, raggiunto dopo un enorme lancio a 10m dall’acqua.

Kruder ha sorpreso se stesso riuscendo quasi al primo tentativo a tenere il lancio poi, dopo circa 10 tentativi distribuiti su 4 giorni, ha effettuato la seconda salita di Pontax 8c. Questa, invece di seguire lo spigolo di Es Pontas dopo il grande lancio, sale direttamente in cima ed era stata liberata da Sharma l’anno prima di Es Pontas.

Nel 2014 Kruder aveva vinto l’argento nel Campionato del Mondo Boulder e ora ha unito le forze con il tedesco Jan Hoyer che, da parte sua, aveva vinto la medaglia di bronzo nella stessa gara. I due stanno attualmente provando Es Pontas insieme; mentre Kruder sta provando la via dal basso (la sezione dal lancio fino allo spigolo è troppo strapiombante da provare con la corda dall’alto), Hojer ha già salito in fila tutta la parte alta dello spigolo fino in cima all’arco.

“Ci sono alcuni movimenti difficili da fare con la corda”, ci ha raccontato Kruder “Non siamo così bravi da fare delle lolotte, ma presto troveremo delle soluzioni per raggiungere lo spigolo: anche se non è cosi difficile, in continuità diventa la sezione chiave, perché entra in gioco la resistenza “. Attualmente il mare è mosso e i due sono costretti ad aspettare, ma entrambi rimarranno fino a fine mese, quindi le loro aspettative continuane ad essere alte.

Il 20enne Kruder eccelle sia nel boulder (The story of two worlds, 8C, Cresciano), sia in arrampicata sportiva (Massacrate 9a+, Golobove pečine) sia sulle vie di più tiri (Hattori Hanzō, 8b+,Titlis, Engelberg, Svizzera). Ha riassunto questa esperienza raccontandoci che “è la prima volta che faccio Psicobloc e sì, mi trovo piuttosto a mio agio ☺”
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NOTIZIE CORRELATE
02/10/2006 – Chris Sharma cavalva l’onda a Maiorca
Chris Sharma ha salito il suo “Deep Water Soloing” a Maiorca (Spa), comparandola come difficoltà alla sua Realization a Ceuse (Fra).

Il 18 novembre 2017 l’alpinista neozelandese Ben Dare ha aperto in solitaria Remembrance, una nuova via di 550 metri sulla parete sud dell’ Aoraki / Mt Cook.

A nemmeno un mese dalla storica prima discesa in sci della parete sudest del Monte Cook, o meglio, dell’Aoraki come viene chiamato da sempre dai Maori, segnaliamo ora l’apertura di una nuova via sulla stessa montagna. Si stratta di una linea sulla parete sud, salita in solitaria il 18 novembre da Ben Dare con difficoltà stimate attorno a Grade 6 (M5, WI4) V, 550m.

Dopo aver salito il ghiacciaio Noeline, Dare ha superato la terminale e ha salito una linea di ghiaccio fino ad una fascia di arrampicata di misto poco sotto la cresta sud. Arrivato in cresta, l’alpinista neozelandese non è salito in cima ma è sceso lungo la cresta sud. La nuova via si chiama Remembrance ed è dedicata a Conor Smith, morto nell’aprile del 2017 a causa di un incidente in montagna insieme a Sarwan Chand, lo stesso alpinista con il quale Dare aveva tentato la linea l’anno scorso.

La nuova via arriva dopo la prima salita, sempre da parte di Dare e sempre in solitaria, della parete sud del Peak 2472m, la montagna posta sotto la spalla ovest della più famosa Mt Huxley Peak. La via Phoenix è stata aperta il 28 ottobre 2017, affronta difficoltà fino a 5+ (M4, AI4) nei suoi 500m e sale la “l’imponente parete sud” seguendo un “evidente diedro che conduce lungo l’intera parete.”

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Dighe ed elettricità, poi cascate, massi e sentieri. Gli ultimi 15 anni hanno visto la Valle di Daone (TN) rendersi protagonista di un cambiamento che potremmo quasi definire epocale: dagli investimenti nelle fonti di energia a quelli in attività outdoor, con un occhio di riguardo per il boulder e il trekking.

Aggiornamento del 15/09/2017 – Causa maltempo è stato annullato l’edizione di#GraMitico2017.

Dighe ed elettricità, poi cascate, massi e sentieri. Gli ultimi 15 anni hanno visto la Valle di Daone (TN) rendersi protagonista di un cambiamento che potremmo quasi definire epocale: dagli investimenti nelle fonti di energia a quelli in attività outdoor, con un occhio di riguardo per il boulder e il trekking.

Se, difatti, fino aiprimi anni 2000 la Valle trentina era conosciuta per le centrali di energia idroelettrica, le gare di Coppa del mondo di Speed e per la possibilità di arrampicata su ghiaccio, oggi si offre a un pubblico più vasto attraverso la pianificazione di attività ed eventi outdoor, come GraMitico – raduno boulder che il 9 e 10 settembre giungerà alla sua quarta edizione.

La spinta per aprire la Valle agli appassionati delle attività all’aria aperta è stata in primo luogo offerta dal Comune diValdaone. Ci siamo chiesti, quindi, perché un comune volesse investire in tale tipo di attività e per rispondere abbiamo scelto di dare la parola direttamente aKetty Pellizzari -Sindaco di Valdaone – e ad Angelo Seneci – consulente tecnico del progetto – che ci hanno risposto così.

Come nasce l’idea di GraMitico e a chi si rivolge?
Ketty Pellizzari: GraMitico è un tassello di un progetto più ampio di valorizzazione dell’offerta turistica della Valle di Daone, un progetto che punta a creare una serie di opportunità di vacanza per gli appassionati delle attività sportive all’aria aperta, dall’escursionismo, all’arrampicata, alla mountain bike, in particolare per le famiglie che qui trovano una valle dove a regnare è ancora la natura e dove le strutture ricettive sono a loro misura.

Dai primi anni 2000 i boulderisti hanno iniziato a frequentare in modo importante la Valle di Daone, scoprendo almeno sei grandi aree di pratica e pulendo centinaia di massi granitici, era quindi logico che nel momento in cui l’amministrazione comunale ha deciso di puntare sul turismo outdoor per lo sviluppo della valle, questa fosse la prima attività presa in considerazione.

Abbiamo anche in questo caso declinato la nostra offerta verso le famiglie ed abbiamo allestito il Boulder Park e GraMitico come evento per promuoverlo, un raduno che – pur rivolgendosi a tutta la comunità del boulder – strizza un occhio alle famiglie ed ai nuovi arrivati, con attività pensate ad hoc per loro.

Potete spiegarci in cosa consiste la proposta del Boulder Park ?
Angelo Seneci:
Il Boulder Park è dedicato a quanti si sono avvicinati all’arrampicata boulder nelle sale indoor e vogliono scoprire la magia di praticare la scalata sui massi tra le foreste e cascate della Valle di Daone. Pensando a questi appassionati, che spesso praticano l’arrampicata con puro spirito ricreativo, abbiamo progettato e realizzato il Boulder Park “La Plana”.

Abbiamo non solo ripulito anche i blocchi più facili ed alla portata di tutti, ma livellato la base e disteso un letto di corteccia, sistemato e segnalato i sentieri di collegamento. Due circuiti di 22 blocchi, segnalati con targhette di diverso colore – giallo per il facile e blu per il medio – portano alla scoperta dell’intero Boulder Park con una graduale introduzione al boulder sul granito della Valle di Daone. Un circuito speciale è dedicato ai più piccoli che, seguendo le impronte della lince, alterneranno le attraversate sui tronchi, alle brevi scalate, ai salti di masso in masso, scoprendo ad ogni passo nuovi equilibri e movimenti.

Perchè il Comune ha puntato sull’Outdoor come risorsa turistica ?
Ketty Pellizzari:
La scelta è insita nelle caratteristiche della nostra valle, integra e autentica, che offre naturalmente la possibilità di scoprire paesaggi speciali, trekking, bici, arrampicata: questi i modi per viverla pienamente. In particolare si è voluto porre attenzione al mondo dell’outdoor pensando quindi a quei turisti che praticano lo sport all’aria aperta in modo ricreativo. In questo contesto sono stati individuati interventi volti a valorizzare non solo spazi naturali – massi granitici, cascate – ma anche antichi itinerari utilizzati un tempo per l’alpeggio, spesso da tempo abbandonati. Questo progetto ha l’obbiettivo di sviluppare una nuova economia turistica in Valle di Daone, certamente complementare, ma capace di generare opportunità di impresa per i giovani della valle.

Parallelamente allo sviluppo di attività outdoor avete messo in atto opere volte alla tutela dell’ambiente che le ospita?
Ketty Pellizzari:
La Valle di Daone è sicuramente un’area ad elevato valore ambientale, un territorio da valorizzare appunto per quello che è: un luogo che deve mantenere tali le proprie bellezze. Il tanto decantato “turismo sostenibile” è poi questo – mi pare – la sostenibilità è un modo di provare a fare turismo, è far sì che sia risorsa economica, sociale e culturale, ma soprattutto amore e rispetto per il proprio territorio, risorsa da preservare e da mantenere curato ed esteticamente apprezzabile.

L’aumento dei flussi di questi ultimi obbliga a definire regole, realizzare strutture e fornire servizi per contenere l’impatto: tra i primi il divieto di accesso in auto, campeggio ed accensione fuochi; tra i secondi la realizzazione di toilette e parcheggi dedicati. Si penserà anche a zone di campeggio, sebbene le procedure amministrative non consentono l’immediatezza di questi interventi, la zona viene comunque manutenuta ogni anno per poter garantire una fruizione ottimale a chi decide di scoprire il nostro Boulder Park.

Avete pensato a soluzioni che permettano di ovviare alla stagionalità dei flussi turistici per rendere la Valdaone uno spot fruibile tutto l’anno?
Ketty Pellizzari: La Valle è già fruibile da aprile a fine ottobre e la realizzazione delle opere previste nel Piano di Sviluppo del Turismo Outdoor mira essenzialmente ad offrire una molteplicità di attività che stimolino il turismo residenziale ed non il mordi e fuggi giornaliero. L’obiettivo è quello di offrire un percorso esperienziale che coinvolge tutta la valle e che possa “riempire” un week-end lungo o – perché no – una settimana. Nel periodo invernale la nostra valle ospita gli ice climbers più coraggiosi che scalano le nostre belle cascate di ghiaccio, è sicuramente uno sport di nicchia. Altre potenzialità della valle del periodo invernale potranno svilupparsi nel momento in cui l’offerta estiva si sarà consolidata.

Avete già in mente nuovi progetti che potete anticiparci?
Ketty Pellizzari:
La località Pracul è stata individuata come il cuore del progetto di sviluppo della media valle, qui sarà allestito il Centro Visitatori del Parco Adamello Brenta, con una annessa struttura ricettiva e di ristorazione. Sarà il cuore della proposta outdoor della Valle di Daone ed attorno si svilupperanno le diverse proposte: alcune sono già operative come il Boulder Park, il percorso storico/etnografico e le decine di sentieri perfettamente tenuti dalla SAT di Daone, mentre la prossima primavera saranno pronti l’Acroriver, un percorso acrobatico lungo la Cascata di Lert ed una falesia attrezzata per arrampicata sportiva. Nel medio periodo abbiamo in programma un itinerario attrezzato nei pressi di una delle più belle ed impressionanti cascate della Valle e l’attrezzatura di nuove falesie. Nel corso della prossima primavera sarà poi completata la posa della segnaletica lungo gli itinerari di mountain bike che fanno parte della Rete MTB del Trentino e mettono i comunicazione la Valle di Daone con l’intera Valle del Chiese. Stiamo inoltre pianificando un servizio di navette per accedere ad un percorso ciclabile di 20 km tra boschi di larici, pascoli di alta montagna e malghe dove è possibile ancora vivere l’alpeggio.

Intervista di Giulia Mondello

Info:www.valdaonexperience.it
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Sponsor:FerrinoeLa Sportiva

SCHEDA: Valle di Daone Boulder

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Al Climbing Stadium di Arco (TN) Ludovico Fossali e Giorgia Strazieri hanno vinto il Campionato Italiano Speed 2017, davanti a Leonardo Gontero e Martina Zanetti. Gian Luca Zodda e Sara Morandini si sono piazzati terzi.

Sono il modenese Ludovico Fossali e la veronese Giorgia Strazieri a laurearsi Campioni 2017 della diciottesima edizione del Campionato italiano assoluto specialità Speed, la gara più veloce dell’arrampicata sportiva, andata quest’anno in scena al Climbing Stadium di Arco (TN).

I due atleti hanno avuto la meglio al termine di una battaglia sul filo del cronometro tra i 54 scalatori impegnati nella competizione organizzata dal Circolo Polivalente Olimpia Vignola ASD, davanti ad un numeroso pubblico che non ha fatto mancare il proprio supporto ai climber in ogni fase di gara.

Il Campione del Mondo giovanile (Under 20) in carica Ludovico Fossali, classe ’97 della Cardichio Strocchi Faenza, dopo lo straordinario quarto posto agli ultimi Campionati Europei di Campitello di Fassa (TN) riesce a strappare il titolo a Leonardo Gontero, che lo deteneva dal 2012, facendo segnare il nuovo tempo record italiano con 5’85’’. Alle loro spalle, a chiudere il podio, si piazza l’altro Campione del Mondo giovanile (Under 18) nella Speed, Gian Luca Zodda.

Sul versante femminile, anche la scalatrice classe 2002 della Equilibrium ASD si impone sulle avversarie registrando il nuovo record italiano di velocità per la categoria femminile, fermando il cronometro ad 8’21’’, dando seguito ai due Ori consecutivi ottenuti nelle ultime due tappe di Coppa Europa Giovanile a Tarnow e Bologna. Dietro di lei si classificano Martina Zanetti, seconda, e Sara Morandini, terza.

Al termine delle gare individuali, la classifica a squadre vede trionfare la Cardichio Strocchi Faenza con 280 punti, seguita a breve distanza dalla Equilibrium ASD con 284, mentre il Bronzo va alla Arco Climbing.

CAMPIONATO ITALIANO SPEED ANNO ORO ARGENTO BRONZO 2000 Riccardo Scarian Luca Giupponi Luca Zardini Jenny Lavarda Cinzia Donati Valentina Garavini 2001 Luca Giupponi Christian Sordo Luca Zardini Cinzia Donati Valentina Garavini Claudia Salvadori 2002 Riccardo Scarian Roberto Colonetti Christian Sordo Jenny Lavarda Claudia Salvadori Luisa Iovane 2003 Riccardo Scarian Flavio Crespi Luca Giupponi Jenny Lavarda Claudia Salvadori Luisa Iovane 2004 Riccardo Scarian Alberto Gnerro Luca Giupponi Jenny Lavarda Angelika Rainer Cinzia Donati 2005 Lucas Preti Matthias Schmidl Luca Giupponi Jenny Lavarda Angelika Rainer Mik Shane Amici 2006 Lucas Preti Manuel Coretti Luca Giupponi Jenny Lavarda Cassandra Zampar Irene Bariani 2007 Lucas Preti Matthias Schmidl Luca Giupponi Jenny Lavarda Claudia Battaglia Eugenia Pistarà 2008 Lucas Preti Stefano Ghisolfi Alessandro Boulos Anna Gislimberti Jessica Morandi Jenny Lavarda 2009 Michel Sirotti Alessandro Boulos Leonardo Gontero Sara Morandi Anna Gislimberti Chiara Limonta 2010 Stefano Ghisolfi Leonardo Gontero Michel Sirotti Sara Morandi Anna Gislimberti Federica Mingolla 2011 Alessandro Santoni Stefano Ghisolfi Leonardo Gontero Claudia Ghisolfi Michela Facci Chiara Rogora 2012 Leonardo Gontero Alessandro Santoni Michel Sirotti Chiara Rogora Sara Morandi Michela Facci 2013 Leonardo Gontero Alessandro Santoni Stanislao Zama Sara Morandi Martina Zanetti Asja Gollo 2014 Leonardo Gontero Alessandro Santoni Ludovico Fossali Giulia Fossali Silvia Porta Martina Zanetti 2015 Leonardo Gontero Alessandro Santoni Gian Luca Zodda Silvia Porta Elisabetta Dalla Brida Giulia Fossali 2016 Leonardo Gontero Ludovico Fossali Gian Luca Zodda Elisabetta Dalla Brida Giorgia Strazieri Silvia Porta 2017 Ludovico Fossali Leonardo Gontero Gian Luca Zodda Giorgia Strazieri Martina Zanetti Sara Morandini

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Arrampicata big wall: dal 25 al 30 aprile 2017 Silvan Schüpbach e Dimitri Vogt hanno ripetuto in libera la Muir Wall su El Capitan in Yosemite. Durante i 6 giorni trascorsi sui 1000m della parete sudovest i due svizzeri hanno salito in libera tutti i 33 tiri, con difficoltà fino a 5.13c (8a+).

La Muir Wall è una big wall con difficoltà sostenute sulla parete sudovest di El Capitan. I suoi 33 tiri richiedono non soltanto dita forti e un’ottima tecnica, ma anche una buona testa per affrontare dei lunghi run-out. Liberata nel 2001 da Tommy Caldwell e Nick Sagar, nonostante la sua evidente e bella linea, finora è stata ripetuta in libera da pochi altri climbers.

I due svizzeri sono arrivati in Yosemite l’11 aprile, ma la valle si presentava in condizioni piuttosto invernali ed ostili. Neve e grosse colate rendevano impossibile pensare di salire in libera, ma i due hanno comunque attaccato la via, superando la parte bassa con l’uso dell’artificiale e lavorando i tiri più difficili.

10 giorni di bel tempo alla fine di aprile hanno cambiato tutto; i due hanno aspettato che si asciugasse la parete, per poi partire dal basso. Per Schüpbach e Vogt era chiaro che sarebbero rimasti in parete finché entrambi non avessero salito in libera tutti i tiri. Vogt ha salito in velocità i tratti più boulderosi, mentre l’esperienza di Schüpbach dell’arrampicata in fessura è stata fondamentale per la riuscita. Un giorno di brutto tempo gli ha costretti a rimanere nel portaledge, mentre il tiro più memorabile era il caratteristico cammino di 60 chiamato The Shaft, fattibile soltanto con “grande determinazione e molti graffi.”

Silvan Schüpbach (34) lavora come guida alpina e questa era la sua terza visita nello Yosemite valley. Vanta una grande esperienza d’arrampicata big wall e lavora per il Club Alpino Svizzero. Dimitri Vogt (20) invece fa parte del Swiss ClimbingTeam (SAC), studia geologia e questa è stata la sua prima esperienza di arrampicata big wall.

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Il report del Leonidio Climbing Festival, il primo meeting d’arrampicata sportiva in questa zona nel Peloponneso, Grecia, che attualmente ospita oltre 900 vie in 50 falesie.

Il primo festival di arrampicata di Leonidio si è tenuto sulla costa orientale del Peloponneso, Grecia, dal 10 al 13 novembre. L’obiettivo di questa maniffestazione, co-progettata dal Comune di Sud Kynouria e la Regione del Peloponneso, era di promuovere un turismo alternativo, spargendo la voce sulle bellezze di questa zona sulle possibilità infinite di arrampicata.

Il festival ha avuto luogo presso la “Fabrica di Cultura Multiplex” e, oltre all’arrampicata stessa con la consueta climbing marathon, ha offerto una serie di attività alternative come lo yoga, le camminate e serate con Beatrice Pelissier, Claude Remy, Aris Theodoropoulos e Sachi Amma.

Oltre 300 persone hanno partecipato, provenienti dalla Germania, Francia, Polonia, Svizzera, Italia, Spagna, Romania, Slovakia, Austria, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, USA, Svezia, Finlandia, Australia e Giappone.

Climbing Marathon Vincitori (Vertical Life):
Uomini
1°: Team Stonemonkey (Raul Lopez – Oscar Cacho), Leonidion, Elona
Donne

1°: Team: Le Diablesses Rouges (Muriel Houze), Leonidion, Red Rock
Mixed
1°: Team French BDB (Svana Bjarnason – Axel Ballay) Leonidion, Elona

INFO: www.climbinleonidio.com

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03/10/2016 – Leonidio e la falesia Hot Rock in Grecia
Situato nel Peloponneso, a soli 3,5 ore a sud di Atene, Leonidio è il nuovo posto in voga tra i climbers con più di 20 falesie e 300 monotiri e vie di più tiri fino a 250m di altezza, dal 5a al 9a. La presentazione di Aris Theodoropoulos di una delle migliori falesie in Europa per l’arrampicata invernale.

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Il racconto del viaggio arrampicata di Daniele Canale, Manrico Dell’Agnola (CAAI, Gruppo Orientale), Tommaso Lamantia (Tecnico CNSAS), Giovanni Pagnoncelli (CAAI, Gruppo Occidentale) e Marcello Sanguineti (CAAI, Gruppo Occidentale) sulle montagne dell’Oman. Il bilancio: una ripetizione e l’apertura di cinque vie nuove.

Il 31 dicembre, poco dopo l’inizio di questo strano inverno – proprio quando più assomiglia a una sorta di “primavera impropria” – ci imbarchiamo alla volta di Muscat, capitale dell’Oman, con scalo intermedio Istanbul. Il Sultanato dell’Oman è situato nella porzione sud-orientale della penisola arabica; confina con gli Emirati Arabi Uniti a nord-ovest, con l’Arabia Saudita a ovest e con lo Yemen a sud-ovest.

Il nostro obiettivo è l’apertura di vie nuove sulle montagne dell’Oman settentrionale. Nonostante le quote siano relativamente basse, le montagne di questo Paese, innalzandosi dal deserto, offrono impressionanti pareti verticali. In particolare, i Monti Ḥajar si estendono verso sud-est, paralleli alla lunga e stretta piana costiera di Al-Bāṭinah, sul golfo di Oman, tra la penisola di Musandam e un punto in prossimità di capo al-Ḥadd, all’estremità orientale della penisola arabica. Il monte Shams («Montagna del Sole»), alto 2980 metri, è il punto più elevato del Paese. Il grande spartiacque centrale del Wadi Samāʾil separa gli Ḥajar in una catena occidentale e in una orientale. Un altopiano interno digrada a sud-ovest dei monti Ḥajar fino al grande deserto del Rub’ al-Khali («il Quarto Vuoto»), che il sultanato condivide con Arabia Saudita e Yemen.

I primi scalatori europei si sono recati in Oman non prima di una quarantina di anni fa e da allora gli alpinisti hanno tracciato solo alcune linee sulle principali vette. Il potenziale per l’esplorazione e l’apertura di nuove vie sulle montagne dell’Oman è enorme: come resistere a questo richiamo?!

Nei 15 giorni di durata della nostra vacanza alpinistica ci muoviamo da un wadi all’altro (wadi = canyon, spesso delimitato da alte pareti, in cui scorre – o scorreva – un corso d’acqua a carattere non perenne), letteralmente a caccia di linee estetiche sulle montagne calcaree che si innalzano dal deserto della penisola arabica.

Tanto per “prendere le misure” all’arrampicata locale, Daniele “Jack” Canale, Tommaso “Tommy” Lamantia ed io iniziamo con la ripetizione di Banane & Citron (240m, VII+), nel Wadi Tiwi, a sud di Muscat. Durante l’avvicinamento attraversiamo un caratteristico villaggio pullulante di bambini e un’oasi i cui sistemi di canalizzazione rappresentano veri capolavori “d’ingegneria idraulica rurale”. Dopo un trekking nel Wadi Sham, famoso per le piscine naturali d’acqua dolce, risaliamo a nord e ci spostiamo a ovest di Muscat, nella zona delle cittadine di Nizwa e Bahla, che sarà la nostra “base operativa” per il resto della vacanza.

Sulla cima ovest di Jabal Fokha (noto anche come Al Hamra Towers), Giovanni “Pagno” Pagnoncelli , Jack, Tommy ed io apriamo in un paio di giorni Mia nei Giardini di Zaherd (270m, 6b+), per poi trascorrere la serata del secondo giorno a casa di Zaherd – conosciuto durante la discesa dalla montagna – che, senza <<se>> e senza <<ma>>, ci vuole suoi ospiti. Altri due giorni ci richiede l’apertura di Bahla coi Lupi (270m, 6c+ e 6c/A0), sulla cima centrale delle Al Hamra Towers, questa volta anche con Manrico, rientrato da una settimana di turismo nell’Oman del sud, insieme a Antonella Giacomini e Micaela Boscarin. La via scala una linea molto logica, che parte in camino e si sviluppa lungo fessure, placche e diedri per uscire diritta in vetta, attraverso il superamento di un atletico tetto.

Dopo una giornata di esplorazione delle pareti di Wadi Bani Awf e Jabal Kawr e il rientro di Pagno in Italia, Jack, Manrico, Tommy ed io apriamo No Wind, no Wine (210m, 6b+), sulla Wall of Shadows del Wadi Bani Awf. La scelta del nome è dovuta all’illusoria speranza che il fortissimo vento trovato durante l’apertura sia compensato la sera da una buona bottiglia di vino rosso, in pratica introvabile in Oman… speranza purtroppo regolarmente delusa…! Sempre noi quattro, il giorno successivo apriamo Ma che Guhl! (100m, 6a), nel Wadi Nakhar, vicino alla località di Guhl. Il nome di questa breve via, ricca di incastri di vario tipo, è ispirato al fatto che trovare una linea naturale così estetica è stata proprio una gran botta di “guhl”…

Anche Tommy rientra in Italia; Jack, Manrico ed io ci dedichiamo all’esplorazione delle pareti di Wadi Tanuf. In fondo al wadi si trova un caratteristico villaggio, in cui i ragazzini ci dimostrano l’incredibile abilità nella scalata delle palme. Ci focalizziamo su una delle pareti sulla sinistra orografica, dove individuiamo una possibilità di salita che, evitando le placche, potrebbe essere scalata in stile completamente trad (in occasione delle quattro aperture precedenti, avevamo fatto uso di spit per le soste e su alcuni tiri). La studiamo a lungo e ritorniamo l’indomani. Con una buona dose d’intuizione, portiamo a termine Fantasia Trad (410m, 6b max): una vera e propria cavalcata su difficoltà classiche – usando solo due chiodi e, per il resto, protezioni veloci – e roccia che su alcuni tiri richiede un’attenta valutazione e sangue freddo… Insomma, ingaggio assicurato!

Infine, anche per Jack, Manrico e il sottoscritto arriva il giorno del rientro, il 15 gennaio. Quando atterriamo a Milano ci rendiamo conto che, nel frattempo, l’inverno è arrivato: finalmente le temperature sono degne dell’inverno! Pochi giorni dopo inauguro la stagione di cascate con “Glacenost”, passando in pochi giorni da temperature fino a 35° ai -12° delle Alpi: decisamente un bel modo per festeggiare le aperture dell’Oman e passare quasi istantaneamente dalla “modalità calcare infuocato” alla “modalità ghiaccio verticale”!

Attività svolta
Wadi Tiwi: ripetizione di “Banane & Citron” (240m, VII+). Canale/Lamantia/Sanguineti, 2/1/2017.
Click Here: Gold Coast Suns Guernsey Jabal Fokha (Al Hamra Towers), W Summit: apertura di “Mia nei Giardini di Zaherd“ (270m, 6b+). Canale, Pagnoncelli, Lamantia, Sanguineti, 5-6/1/2017.
Jabal Fokha (Al Hamra Towers), Middle Summit: apertura di “Bahla coi Lupi” (270m, 6c+ e 6c/A0). Canale, Pagnoncelli, Lamantia, Sanguineti, 7-8/1/2017.
Wadi Bani Awf, Wall of Shadows: apertura di “No Wind, no Wine” (210m, 6b+). Canale/Dell’Agnola/Lamantia/Sanguineti, 10/1/2017
Wadi Nakhar, Al Haijr: apertura di “Ma che Guhl!” (100m, 6a). Canale/Dell’Agnola/Lamantia/Sanguineti 11/1/2017.
Wadi Tanuf: apertura di “Fantasia Trad” (410m, 6b max). Canale/Dell’Agnola/ Sanguineti, 13/1/2017.

Per le ripetizioni, prevedere una serie di Camalot C4 fino al #3, qualche micro-friend e una serie di nut. Per la via 6 è utile, ma non strettamente necessaria, una scelta di chiodi. Le vie 2, 3, 4 e 5 hanno soste a spit e alcuni spit sui tiri. La via 5 è stata aperta completamente trad. Dalle vie 1, 2, 3, e 4 e 5 si scende in doppia. In alternativa, da 4 si può scendere lungo il canale che si trova a destra guardando la parete. La discesa da 6 si effettua dapprima disarrampicando fino alla grande cengia, sulla quale si reperiscono le calate della via “Oublie Tout”.

Recentemente è uscita la guida di Jacob Oberhauser “Climbing in Oman” (Panico Alpinverlag, 2014), molto utile per orientarsi fra i vari settori si scalata dell’Oman.

di Marcello Sanguineti

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La montagna che non c’è di Anna Torretta

August 16, 2019 | News | No Comments

Anna Torretta in La montagna che non c’è (Edizioni Piemme) racconta la sua storia e la sua ricerca di alpinista e Guida alpina tra le pareti e le montagne del mondo e della vita.

“Raccontare una montagna diversa da quella che si vede nei film d’azione o di cui si legge in certi articoli di cronaca nera, che non è eroica, né retorica, né spaventosa. Una montagna che parla, che è amica di chi vi sale. E, magari, costa sudore e fatica, mai “sacrificio” o “sofferenza”: perché se soffrire e sacrificarsi significa patire il freddo, dormire scomodi, mangiare male, avere mal di testa o il corpo indolenzito, allora no, la sofferenza e il sacrificio sono un’altra cosa al giorno d’oggi, qualcosa di molto più serio. Per me sono strumento per essere felice”.

Questo è quello che si proponeva Anna Torretta prima di scrivere “La Montagna che non c’è”. E la premessa ci sembra già un buon motivo per leggerlo questo suo libro uscito di recente per Piemme. Ma non l’unico. Perché Anna Torretta, architetto torinese classe 1971, guida alpina e alpinista molto conosciuta, oltre ad essere una persona interessante e che fa un lavoro interessante, ha fatto anche un percorso davvero particolare. Basti dire che è l’unica donna ad aver scritto il suo nome nei 200 anni di storia della Società delle Guide Alpine di Courmayeur, niente di meno che la società Guide più vecchia del mondo subito dopo quella di Chamonix. Segno questo – per chi conosce il mondo dell’alpinismo e quel suo essere storicamente e statisticamente quasi impermeabile alle donne – di grande, anzi immensa, caparbietà ovviamente unita ad una passione davvero speciale per la montagna, l’alpinismo e la scalata.

Una passione che, a chi ha incrociato Anna Torretta, non può essere sfuggita. Sia che l’abbia vista gareggiare in una delle tante competizioni di ice climbing di cui è stata una delle più forti atlete. Sia che l’abbia semplicemente incrociata in montagna o a Courmayeur, sua città adottiva. Ma la passione non basta a spiegare tutto, a capire fino in fondo il senso della scelta, anzi delle tante scelte, moltissime controcorrente, che Anna Torretta ha fatto. Forse è proprio questo il cuore e insieme il filo conduttore di questo libro: la ricerca di quell’inafferrabile “perché” che molti, non solo in montagna, cercano.

Un “perché” che forse nemmeno ha risposte ma che la – caparbia – autrice continua a cercare accompagnando anche noi in questo suo viaggio tra pareti e montagne di tutto il mondo. Ma anche tra le difficoltà del tutto umane non solo di rapporto con gli altri ma pure con i pregiudizi degli altri. Così è quasi commovente scoprire l’Anna Torretta bambina che s’innamora della montagna. Quella sua prima salita, appena 12enne, sul Gran Paradiso con l’amico Guida alpina e insieme a mamma e papà, è una rivelazione. Come i suoi due incidenti nei sui primi anni di arrampicata. Molti avrebbero desistito. Anna, no. Lei, ragazza e donna silenziosa, quasi timida, batte la sua pista che la porterà in Austria e lì tentare di prendere il brevetto di Guida alpina. Inutile anticipare come finirà quella sua esperienza in Tirolo, se non che poi Anna l’avrà vinta. Come diventerà mamma di Lidie e Petra. Come non smetterà mai di cercare quella montagna che non c’è e quelle avventure che ha sognato da bambina. Perché, appunto, per lei tutto questo ha a che fare con la felicità e con la vita.

di Vinicio Stefanello

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