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Serre Chevalier il ritorno di Legrand

August 31, 2019 | News | No Comments

Il 20/07 François Legrand e Martina Cufar vincono il Master internazionale di arrampicata sportiva di Serre Chevalier.

Mai dire mai… più. François Legrand trionfa a Serre Chevalier, 4 anni dopo la sua ultima vittoria nel prestigioso Master internazionale di arrampicata sportiva. Sul gradino più alto del podio femminile sale la slovena Martina Cufar.

Nelle gare di arrampicata sportiva, come in tutte le competizioni, nulla è scontato e la “classe” del campione non si perde mai. Così è stato a Serre Chevalier dove, nella (rituale) superfinale, un motivatissimo Legrand con un perentorio top ha messo in riga tutti. Dove per tutti si intendono nell’’ordine: l’asso pigliatutto Alexander Chabot, fresco del titolo europeo vinto a Chamonix, l’altro “mutante” il ceco Tomas Mrazek, e la rivelazione di questo scorcio di stagione lo spagnolo Ramon Julien Puigblanque. Ovvero l’intero podio del campionato Europeo 2002. Bel colpo François.

In gara femminile Martina Cufar supera nello spareggio della superfinale la belga Muriel Sarkany, che non riesce a seguire in catena la rivale slovena. Terza, infine, la francese Sandrine Levet, fuori dalla superfinale ma, come sempre, sul podio.

Migliore degli italiani il solito Cristian Brenna, che accede alla finale e si classifica al 12° posto.

Vai al report di Nicola Noè

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Fondo benefico intitolato a Galen Rowell

August 31, 2019 | News | No Comments

E’ stato istituito un fondo benefico in memoria di Galen Rowell, fotografo ed alpinista americano recentemente scomparso.

L’11 agosto scorso un piccolo aereo quadriposto, in fase di atterraggio sul campo di Bishop (California), si schiantava al suolo. Tra gli occupanti, tutti morti, Galen Rowell e sua moglie Barbara. Nato nel 1940, Rowell fu uno dei personaggi di punta dell’arrampicata in Yosemite Valley negli anni ’60 e ’70. In seguito, unì alla passione per l’alpinismo quella per la fotografia, assumendo incarichi per testate del calibro di National Geographic, Sport Illustrated, Outdoor Photography.

Durante i suoi numerosi viaggi di documentazione fotografica, tra montagne e zone selvagge di tutto il mondo, Rowell partecipò a spedizioni all’Everest, K2, Gashembrum II, ma mise anche a segno dei veri e propri exploit, come la prima salita in giornata del Mc Kinley o la prima salita e discesa con gli sci del Muztagh Ata, e la traversata invernale del Karakorum.

In più, Galen Rowell era conosciuto per la sua vasta produzione editoriale: oltre 16 libri di foto e una rubrica fissa su “Outdoor Photography” (gli articoli erano stati raccolti in “Galen Rowell vision: the art of adventure photography” e nel più recente: “Galen Rowell’s inner game of outddor photography”).

Negli ultimi anni i Rowell si dedicavano alla gestione della Mountain Light (agenzia fotografica, galleria ed organizzazione di corsi), ma anche ad attività filantropiche nella Tides Foundation, istituzione benefica di San Francisco.
In loro memoria, gli eredi hanno lanciato una raccolta di fondi a favore della fondazione.

Le offerte possono pervenire a: Tides Foundation, P. O. box 29903, San Francisco, CA 94219-0903, con la dicitura: “In memory of Galen Rowell and Barbara Cushman Rowell”.
In più, sul sito www.mountainlight.com è possibile aggiungere un proprio pensiero affettuoso o un ricordo dei Rowell alle centinaia di mail già inviate da tutto il mondo.

di Aldo Frezza

The Yosemite
il libro con le foto di Galen Rowell ed i testi di John Muir, pubblicato per i 100 anni dell’istituzione dello Yosemite National Park.

Info
  mountainlight.com

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News dal Makalu

August 31, 2019 | News | No Comments

Silvio Mondinelli, insieme a Carlos Pauner , Norbert Joos e Jakob, è partito oggi per un tentativo che dovrebbe portarli in cima domani.

Tempo di cime in Himalaya. Tempo di tentavi alle montagne più alte. Così è anche sul Makalu, 5a (freddissima) montagna della terra. Silvio Mondinelli, il “Gnaro” di Alagna Valsesia, insieme con Carlos Pauner (spagnolo), Norbert Joos e Jakob (svizzeri), è partito stamattina dai 5600 m del Campo base avanzato alla volta del campo 2 a 7400m. Da lì i quattro hanno intenzione di ripartire (verso le 2 di domani 15/05) e con un unico balzo toccare gli 8463m della cima, saltando il pernottamento al classico campo 3.

Sulla montagna in questo momento dovrebbero essere impegnati anche altri alpinisti, tra cui gli italiani Diego Fregona, Floriano Castelnuovo, e Mario Merelli, quest’ultimo indeciso se scegliere la “strategia” veloce di Mondinelli o una salita più lenta con sosta al campo 3.

Dopo un periodo di nevicate, vento fortissimo e temperature polari, culminate la scorsa settimana con i –35° centigradi registrati al campo base, ora le condizioni sembrano ritornate buone. La meteo spagnola ha previsto infatti tre giorni di bel tempo per il 14, 15 e 16 maggio. Un irresistibile via libera dunque, dopo 40 giorni di andirivieni e “forzato” Campo base, per Mondinelli e tutti gli altri alpinisti.

La forma dovrebbere essere tra le migliori, ma sul Makalu, come del resto tutti gli 8000, non c’è nulla di scontato. La “chiave” della salita dovrebbero essere “i seracchi e il ripido e pericoloso French Couloir” della parte terminale. Non resta che seguire il consiglio del Gnaro nell’ultimo suo messaggio: “Incrociate le dita con noi e per noi”.
In bocca al lupo!

Tutti gli aggiornamenti sul sito di Silvio Mondinelli
www.gnaromondinelli.it

Buoni auspici per gli alpinisti himalayani. (foto arch. S. Mondinelli)


Premio SAT 2002

Mondinelli archivio news

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Coppa Italia Bolzano a Sordo e Luisa Iovane

August 31, 2019 | News | No Comments

Il 26-27/04 Luisa Iovane, e Christian Sordo vincono la prima prova della Coppa Italia Difficoltà disputata alla Fiera di Bolzano.

La grande (e sempiterna) Luisa Iovane, e Christian Sordo sono i vincitori della prima prova della Coppa Italia Difficoltà, disputata sabato 26 e domenica 27 aprile alla Fiera di Bolzano.

Completano il podio femminile: Claudia Salvadori (2a) e Angelika Rainer (3a); mentre ai posti d’onore di quello maschile salgono: Matteo Gambaro (2°) e Luca Zardini (3°).

vai al report della gara con il PORTFOLIO di Giulio Malfer

Coppa Italia Difficoltà – Bolzano 2003 (foto Giulio Malfer)

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A5 Day, 5 aprile a tutto boulder

August 31, 2019 | News | No Comments

Il 5/4 The North Face, in collaborazione con alcuni dei più importanti centri di arrampicata indoor d’Europa, promuove una giornata dedicata al bouldering.

Sabato 5 aprile è tempo di A5 Day! Ovvero la prima giornata giornata Europea dedicata al bouldering e all’arrampicata, promossa da The North Face in collaborazione con alcuni dei più importanti centri di arrampicata indoor di Italia, Francia, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna, Spagna, Olanda, Svizzera e Germania.

Palestre aperte per far conoscere il bouldering. Scopo dell’iniziativa è far conoscere la pratica dell’arrampicata e del bouldering al maggior numero di persone. Per chi desidera sperimentare l’arrampicata, dunque, non c’è migliore occasione! Trovererete palestre ed istruttori qualificati che vi introdurranno alla pratica dell’arrampicata. Il tutto, naturalmente, è gratutito!

A5 DAY in ITALIA GENOVA Sciorba Via G.Adamoli 57 c/o Centro Polisportivo Sciorba MILANO Parete Rossa Via Campania 101/103, Fizzonasco di Pieve Emanuele (MI) PARMA Rock Dome Via Martinella 88, Alberi di Vigatto ROMA Zetaclimb Via Casilina 285 (ore 14,00 – 19,00) TORINO S.A.S.P. Società Arrampicata Sportiva Palavela Via Ventimiglia, 145 TRENTO Action House Via Solteri 93/B, Trento – con Vertical World di Trento e Arco TREVISO Orizzonti Verticali Via Malipiero 125/A, Montebelluna    INFO: A5 series Zeta Climb Roma

Il Melloblocco fa 1000

August 28, 2019 | News | No Comments

Conto alla rovescia per il Melloblocco. Mancano (soli) tre giorni al via del grande raduno boulder in Valle di Mello, e le Guide alpine della Lombardia non smettono la “conta” delle pre-iscrizioni, che ormai hanno sfondato il tetto dei 1000. Mentre il totalizzatore delle adesioni continua imperterrito nella sua marcia al rialzo.

Le aride ma significative statistiche raccontano di un popolo di pre-iscritti composto da 759 man e 183 women. Tra questi, ovviamente, sono moltissimi gli italiani provenienti da ogni angolo della penisola, isole comprese. In testa c’è la provincia di Milano (125) seguita da Torino (86) e da Bergamo (60). Ma è rappresentata in forze anche la Francia (23) e poi l’Olanda, l’Austria, la Germania, l’Ungheria, la Svizzera, il Belgio, la Spagna, l’Ungheria, la Romania e, addirittura, la Cina e gli USA.

Con questi presupposti sarà un raduno epocale. Ma non è certo una sorpresa: già da tempo la “macchina” dell’organizzazione l’aveva previsto, e già tutto è pronto per accogliere i pellegrini nella Valle del bouldering. Un’unica raccomandazione: la festa è più bella se rispettiamo la natura che ci ospita.

Sabato 7 e domenica 8 maggio s’annuncia davvero qualcosa di unico tra i blocchi del Melloblocco. Intanto, nell’aria tra la valle e il cielo aleggia già tutta la voglia di felicità (e arrampicata) di chi ha già detto “Io ci sarò!”.

 DOMANDE E RISPOSTE
 RACCOMANDAZIONI


Foto melloblocco 2004 di Claudio Piscina.

MELLOBLOCCO
Raduno internazionale di “sassisti”
VAL DI MELLO (SO)
7 – 8 maggio 2005

INFO info e iscrizioni Guide Alpine Lombardia Ditarcuate.com Expo La Sportiva Expo Eider

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Cascate di ghiaccio Lombardia: una scelta di 11 bellissime cascate nelle Alpi Centrali, a cura di Mario Sertori.

Adagiata sul versante settentrionale della catena alpina, la conca di Livigno è attraversata per intero dal torrente Spol che fa parte del bacino del fiume Inn, affluente del Danubio. Luogo dimenticato e sperduto fino agli anni’50, Livigno ha conosciuto una spettacolare trasformazione dopo la concessione del regime fiscale di zona franca.

La povera economia agricola che ha caratterizzato la storia di questo paese è stata ormai soppiantata dal turismo. Ora stazione sciistica di prim’ordine, è meta infatti dei pellegrinaggi del popolo dello shopping, ma la dolcezza del paesaggio, caratterizzato da linee arrotondate e da un abbondante innevamento e le vecchie baite di legno (per la verità poche quelle rimaste integre) con il tetto in scandole fanno tornare in mente il “grande nord” e ci riportano indietro nel tempo, quando Livigno era un paesello tra i più poveri e isolati delle Alpi.

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ITINERARIO DIFF. BELLEZZA Candela delle Meraviglie III/5 Ci Cozz III/5 Danza del Ventre II/4/4+ Dardaglin II/4 Fopel II/4 Illusione Ottica III/4 Luna Rossa IV/4/4+ Ombelico del Mondo III/4+ Red Bull III/4 Tropical III/5+ Village (Candela del Gipeto Alceste) II/4 /4+

Pensate che fino al 1952, per raggiungere il borgo in inverno si poteva ricorrere solo alla slitta dall’abitato di Semogo in Valdidentro. Quest’immagine, fortunatamente sbiadita, stride un poco con l’affollamento e l’opulenza dei nostri giorni.

Livigno si avvia però a diventare una tappa obbligata per il cascatista che qui troverà più di trentacinque cascate esplorate e magnifiche candele: la particolare geomorfologia del territorio, caratterizzata infatti da ripidi pendii e pareti calcaree, permette la formazione di colate che presentano quasi sempre dei tratti verticali, a volte anche molto staccati dalla roccia. La temperatura è un altro fattore importante: quassù si registrano le punte più basse dell’inverno nell’intera provincia di Sondrio e la stagione può prolungarsi fino a marzo inoltrato.

La storia dell’esplorazione delle cascate di ghiaccio è abbastanza recente e sembra risalga alla fine degli anni Ottanta con la salita dell’evidente Piscia da Salient nell’omonima valle. In seguito i ghiacciatori locali hanno portato avanti un’opera minuziosa di esplorazione, passando al setaccio le numerose valli della conca e scoprendo magnifici gioielli di cristallo

Note: Mario è anche autore diCascate Alpi Centrali: Lombardia e Svizzeraedito dallaBlu Edizionidi Torino. Quasi 500 cascate di ghiaccio, corredate di cartine, foto, accessi, descrizione e caratteristiche tecniche. Una guida completa e dettagliata delle cascate di ghiaccio delle Alpi Centrali, in Lombardia e in Svizzera, per un totale di 458 itinerari, corredati di cartine, foto, accessi, descrizione e caratteristiche tecniche, e di 210 altre possibilità di salita più sinteticamente relazionate. Molte cascate costituiscono una novità assoluta e aspettano ancora la prima ripetizione. Un’opera che viene a colmare un vuoto editoriale di vent´anni.

Carte: Carta Nazionale Svizzera 1:25000 f.1258 La Stretta e f.1238 Piz Quattervals; Kompass 1:50.000 foglio n. 96 Bormio Livigno

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4/04 Prima cronaca dal viaggio di avvicinamento al Dhaulagiri della spedizione di Romano Benet, Nives Meroi, Luca Vuerich, Inaki Ochoa, Erri De Luca, Cesare Giuliani, Roberto Alloi, Mario Cedolin, Klemen Gricar, Christan Stangl, Peter Guggemos e Ivan Vallejo.

Quanta distanza c’è tra il mondo reale e quello dell’immaginazione? E quanto è lontano il viaggio pensato da quello che poi si vive? La risposta (l’unica risposta) può arrivare solo dal viaggio stesso che, passo dopo passo, diventa esperienza irripetibile. E’ questo vissuto che restituisce all’immaginazione uno spicchio di realtà. Così in questa prima cronaca dalla spedizione di Meroi, Benet, Vuerich e compagni, che Manuel Lugli ci invia dal Nepal, c’è tutto il senso del viaggiare come attimo in movimento di un’altra dimensione (e vita) che si svela.

VIAGGIANDO NEL TEMPO SOSPESO
cronache d’avvicinamento al Dhaulagiri
di Manuel Lugli


Pokhara, 4 aprile 2005.

Il tempo si dilata, come sempre qui in Asia. Ma questa volta di più: due giorni per riuscire a raggiungere Pokhara da Kathmandu. A suo modo un record. Un primo tentativo mancato, con ritorno a Kathmandu dopo appena 10 chilometri. Il secondo riuscito, ma dopo ben 13 ore di bus, giornata che include una gimkana tra camion ribaltati per eccessi di foga, blocchi dell’esercito ed uno sciopero maoista – un bandh, come si dice in Nepal – a rendere la nostra progressione un singhiozzo interminabile. Per fortuna, il gruppo è sperimentato ed esperto, davvero belle persone. Conosce i tempi ed i modi di questi spostamenti. Non ci sono impazienza né lamentele. Si attende, leggendo, dormendo, chiacchierando seduti sui paracarri, giocando a carte, ed osservando questo mondo multicolore di camion, gente, bus stracolmi di umanità che si sposta per vivere, più che per diletto come noi.

Molti viaggiano sui tetti dei bus, tra galline e biciclette. Anche alcuni turisti, che si godono una prospettiva del tutto nuova da lì, un punto di vista più “ruvido” del viaggio, ma che a volta fe davvero sentire più vicini a questa gente. Per esperienza personale, il viaggio nel cassone di un camion o sul tetto di un autobus, a volte riesce a regalare emozioni e sensazioni inaspettate. Fornisce una specie di terzo occhio. Questo non toglie che quando arriviamo a Pokhara, non si sia tutti un po’ “cotti”, desiderosi di una bella birra fredda ed una steak come si deve.

Pokhara, la perla del Nepal, è sospesa, la sera. Poca gente in giro, pochi i turisti a spasso. Il proprietario del nostro hotel ci dice che quest’ultimo sciopero indetto dai maoisti ha fatto partire la maggior parte dei turisti, timorosi di rimanere bloccati qui senza nulla da fare né da comprare – terribile quest’ultima prospettiva! – visto che i negozi sono chiusi. In realtà scopriamo presto che questo ennesimo bandh viene rispettato ben poco e che Pokhara è tranquilla come sempre. “Siamo stufi” ci dice Juna all’hotel Greenpeace, un delizioso hotel del centro, “Non ne possiamo più di scioperi che non servono a un accidente, di re, di politici, di maoisti. La triste realtà è che il turismo, in questa che dovrebbe essere alta stagione, non c’è e gli unici a farne le spese siamo noi e tutti quelli che vivono di questa che è la principale risorsa del Nepal.”

Dalle agenzie, fino all’ultimo dei portatori, ecco chi paga il prezzo più alto di questa situazione che sembra trascinarsi all’infinito. Pochi giorni fa i ministri messi agli arresti dal re, sono stati rilasciati. E la storia riprende da dove si era fermata: nuovi “importanti” colloqui, nuove istanze, nuove richieste. Il tutto mentre il Nepal continua a restare schiacciato tra maoisti ed esercito, tra turisti che non vengono e lavoratori senza lavoro che emigrano.

Oggi noi si riparte, destinazione Beni, dove inizia il nostro trek per il campo base del Dhaulagiri. Altre attese pazienti ci aspettano, altri ritardi. Ma se questo è il prezzo che dobbiamo pagare noi per le nostre peregrinazioni, non è poi gran cosa.

Manuel Lugli

Spedizione Dhaulagiri 2005 portfolio Luca Vuerich Nodo infinito news Meroi, Benet, Vuerich

Foto Luca Vuerich

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L’8 maggio Denis Urubko e Serguey Samoilov hanno realizzato sulla parete nordest del Manaslu una delle salite alpinistiche più importanti della stagione.

Se n’è saputo poco o niente (e ancora se ne sa poco), ma è stata senz’altro una delle salite più interessanti di questo “primo tempo” della stagione Himalayana, se non la più importante. Stiamo parlando della nuova via di Denis Urubko e Serguey Samoilov sulla parete nordest del Manaslu.

Una nuova via che i due alpinisti kazaki hanno tracciato partendo dal Campo Base il 4 maggio per giungere poi in vetta, agli 8163m dell’ottava cima della terra, l’8 maggio, dopo 4 giorni di salita. C’è da precisare che questa era la seconda volta nel giro di 2 settimane che Denis e Serguey calcavano quella cima visto che, già il 25 aprile, l’avevano raggiunta (ed esplorata) per la via “normale”. Il tutto in una primavera himalayana che, come più volte abbiamo riportato, non è stata di certo prodiga di bel tempo né clemente con gli alpinisti.

Questa l’escalation della vetta per la nuova via: come detto sono Serguey e Denis sono partiti il 4 Maggio dai 4700m del Campo Base per raggiungere quota 6000m. Il 5 maggio sono a 6500 metri combattendo con il pessimo tempo e condizioni della neve davvero difficili. Il giorno dopo, la meteo è migliore, e così i due arrivano ai seracchi che difendono l’ultima parte del montagna, fermandosi a 7250m. L’otto maggio il balzo finale in vetta. E il 9 ritorno al Base e alla fine dell’avventura.

Bella e grande salita. Per Denis Urubko questo è l’ottomila n° 10 (il 12° se si considera che il Broad Peak e il Manaslu li ha saliti 2 volte). Ma soprattutto questa è la seconda nuova via in due stagioni consecutive raggiunta dalla premiata coppia Uribko e Samilov, dopo quella dell’anno scorso sul Broad Peack e che, come si ricorderà, è valsa ai due la nomination per il Piolet D’or. Bella anche per lo stile, ovviamente senza ossigeno e “leggero”, come da marchio di fabbrica!

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Nelle foto, dall’alto: Il Manaslu con il tracciato della nuova via di Urubko e Samoilov; Denis Urubko (arch. Urubko); Serguey Samoilov (G. Malfer).

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Il 21/10 nell’ambito della 5a edizione del Meeting della Montagna, manifestazione organizzata e dedicata dai Ragni di Lecco all’alpinismo e agli alpinisti italiani, Rolando Larcher e Rossano Libera sono stati premiati con il Grignetta d’oro per l’alpinismo, mentre a Giorgio Spreafico è stato consegnato il riconoscimento per la comunicazione e a Giovanni Badino per lavoro e montagna.

23/10/2006

21-22 ottobre 2006
MEETING DELLA MONTAGNA
GRIGNETTA D’ORO 2006

quinta edizione
CENTRO LA MONTANINA
Pian dei Resinelli
Lecco

Testimonial:
Claudio Corti

Premiati:
per l’alpinismo:

Rolando Larcher e Rossano Libera
per la comunicazione:
Giorgio Spreafico
Per lavoro e montagna:
Giovanni Badino

ALPINISTI GRIGNETTA D’ORO 2006
Silvano Arrigoni
Giovanni Badino
Hervé Balmasse
Christian Brenna
Matteo Della Bordella
Lorenzo Festorazzi
Roberto Iannilli
Rolando Larcher
Rossano Libera
Centro Add. Alpino (Marco Farina, Alex Busca, Remo Armano)
Ezio Marlier
Mario Merelli
Simone Moro
Elio Orlandi
Yuri Parimbelli
Aberto Peruffo
Ivo Rabanser
Alessio Roverato
Adriano Selva
Silvestro Stucchi
Erik Svab
Nicola Tondini
Karl Unterkircher
Maurizio Manolo Zanolla

Grignetta d’oro 2003 ragnilecco.com scarica il programma Grignetta d’oro 2006 scarica il programma 60° Ragni Lecco


Grignetta d’oro il giorno dopo… Sarà per l’overdose di parole e immagini su mille montagne e pareti. Sarà perchè tra tanti alpinisti – tutti con i loro alpinismi così diversi e simili nelle motivazioni – è davvero difficile raccapezzarsi. Fatto sta che si fa fatica (o meglio faccio fatica) a trovare il filo di questo V° meeting della Montagna – Premio Grignetta d’oro organizzato ai Piani Resinelli dai Ragni di Lecco. Troppi incontri. Troppe immagini. Troppe vie ed esperienze, molte assolutamente affascinanti, si sono viste.

Lo so, qualcuno dirà che questo spaesamento è solo il frutto di un eccesso di coinvolgimento nella festa e nell’immancabile tirar tardi, ovvero dell’altro lato, quello gaudente, di quest’incontri tra e con gli alpinisti. E’ vero: ci vuole “fisico” per sopportare il tutto. Ma, diciamolo pure: un gioco, serio e serissimo, com’è quello dell’alpinismo ha bisogno anche di leggerezza per essere affrontato, “sopportato” e forse anche un po’ intuito, visto che a “comprenderlo” veramente non basterebbero né mille incontri né mille vie.

Così, senza aver la pretesa di dire tutto, tra i ricordi di questo Grignetta d’oro, emerge sicuramente la leggerezza di una linea d’eleganza come quella di Elio Orlandi al Fitz Roy: un sogno semplicemente difficile da scordare. Come non si possono scordare le emozioni che Simone Moro, ancora una volta, ha saputo comunicare raccontando la sua esperienza sulle grandi montagne himalayane. Come è impossibile rimanere indifferenti alle visioni di un Manolo, capace di evocare il futuro e di far capire che è possibile guardare avanti. E’ quasi una provocazione la sua: è un’idea e insieme uno “stile” che prescinde dai mezzi, per fondarsi invece sul come si affrontano i problemi o meglio i sogni. Così uno specchio di fantastica roccia, quasi dietro a casa e alto “solo” 200 metri, può essere il campo di un’esplorazione infinita. Una ricerca che parte (e deve partire!) sempre dalla base della parete per poi affrontare l’autentico oceano nascosto tra uno spit e l’altro: un mare verticale in cui l’incertezza è l’unico moto ondoso ammesso.

Ecco, l’esplorazione (anche emotiva) dei limiti, unita all’incertezza e al dubbio sulla riuscita mi sembra una bella, anche se forse non esaustiva, definizione del gioco. E, sarà un caso, proprio di un alpinismo d’incertezza ha testimoniato anche Rossano Libera, assolutamente una rivelazione per chi (come me) lo conosceva solo per sentito dire. Libera è l’alpinista della rinuncia (a mezzi e sicurezze). E’ l’alpinista della ricerca vissuta soprattutto all’interno di sé stesso. Schivo (ma solo apparentemente), assolutamente solitario (ma non da solo) ha mostrato un percorso, tra solitarie invernali, pareti di roccia ma anche scelte di vita, davvero impressionante. Rossano in montagna è l’alpinista che, a tutti i costi, ri-cerca e vive il suo limite quasi come in un viaggio mistico. Sicuramente è una scelta difficile la sua. Certo è una strada “border-line” e di confine: le rinunce e l’incertezza (anche nella vita personale) sono “fuori norma” e quindi come tali non possono essere uno standard. Ma è proprio per questo che la sua esperienza vale: per il coinvolgimento totale e assoluto che richiede.

A proposito di scelte di confine, paradossalmente mi viene da accostare l’esperienza di Rolando Larcher a quella di Rossano Libera. A ben guardare anche l’attività di Larcher (molto più conosciuta rispetto a quella di Libera) è stata, ed è, frutto di una ricerca continua e di una perseveranza non comuni. Rolando ha saputo esplorare le sue vie seguendo e perfezionando un’etica – quella dell’apertura dal basso con gli spit, della difficoltà obbligatoria e della libera – proponendo linee divenute metro di paragone per molti. La sua è un’attività (iniziata da molto tempo, anche in compagnia di Roberto Vigiani) instancabile, s’è sempre evoluta e ha indicato una strada. Forse non è proprio un caso se le esperienze di tanti altri presenti al Grignetta s’intersecano con quella di Larcher.

Penso, per esempio, al 22enne Matteo Della Bordella che ha presentato nuove vie e ripetizioni in numero e qualità da vero veterano delle pareti, ma anche ad Adriano Selva impegnato ed immerso nel trovare la sua (difficile) strada tra le impegnative pareti lecchesi e non. Ma penso anche all’interpretazione di Nicola Tondini che (con Nicola Sartori, Dario Segato e Roberto Parolai) ha scelto di sperimentare e ricercare uno stile vario per le sue vie nuove nelle Dolomiti. Uno stile, quello dei “veronesi”, in cui viene privilegiato l’uso di protezioni tradizionali e, solo in ridottissima parte, l’uso di spit. Forse non è una strada nuovissima, ma certo rappresenta un’interessante e valida ricerca.

Ma sarebbe troppo semplice se il salir per montagne si riducesse a così poche variabili di modi e anche di “mezzi” (leggi protezioni). Dentro ci sta l’infinità. Come quella elegante, ed anche poetica, di Ivo Rabanser che fonda le sue radice nella grande tradizione (anche familiare) dell’alpinismo dolomitico. Il suo è un concetto di rispetto, per il passato e per un’etica che non dovrebbe mai mancare, al di là dei “mezzi” utilizzati. Ciò fa o dovrebbe far parte della cultura e delle conoscenze imprescindibili per fare alpinismo.

Proprio pensando a cultura, esplorazione ed evoluzione, non si può non citare il bellissimo viaggio esplorativo di Karl Unterkircher nel profondo e sconosciuto Tibet dello Genyen. Chi era presente ai Piani dei Resinelli non può aver dubbi: il viaggio di Unterkircher e compagni è stato davvero un’esplorazione fantastica e assolutamente rispettosa della cultura locale. Come bellissima è stata l’anteprima del film documentario, ancora in lavorazione, sulla spedizione: viste le premesse sarà un appuntamento da non perdere.

Tanto quanto è stato imperdibile il récit d’ascension di Alessio Roverato. Il racconto, spontaneo e sincero, delle ripetizioni della Via Miotto, Bee e Groaz al Pelmo e della via Miotto – Saviane al Col Nudo è da iscrivere negli annali del meeting. Potremmo intitolarlo: “Viaggio inconsapevole attraverso la roccia marcia”, oppure “Tegolette… che si spaccano”. Alessio, e i suoi compagni d’avventura, hanno reso evidente come l’alpinismo non sia programmabile e come l’inconsapevolezza, o semplicemente la voglia di provare comunque e in ogni caso, sia assolutamente una delle sue grandezze. Sarà per questo che tutti gli alpinisti presenti hanno “adottato” e “arruolato”, senza remore, il loro giovane collega nel gruppo. Senza contare che la sua relazione ha messo davvero di buon umore tutti portando una ventata di sana genuinità.

Mi accorgo che il discorso sta diventando lungo… Ma come non citare Cristian Brenna che, dopo una vita di altissimo livello tra falesia e gare, s’è cimentato anche con l’alpinismo. Molto pragmaticamente, e senza pesanti “sovrastrutture”, Brenna ha sintetizzato dicendo che si è trovato benissimo: “l’arrampicata, in fin dei conti, anche nell’alpinismo è sempre quella: si stringono gli appigli per quanta se ne ha, e si va su”. Inutile dire che è semplice ma vero. Come è inutile sottolineare che andar su, per il (grande) Brenna, significa in “libera”.

Va detto anche che questo suo “quasi battesimo alpinistico” s’è espresso con Up project, la serie di spedizioni, tra Pakistan e Patagonia, ideate e seguite da Luca Maspes. Un bel progetto che, non a caso, ha coinvolto diversi dei protagonisti presenti a Lecco. Tra questi un posto d’onore spetta ad Hervé Barmasse, una delle “pedine” più importanti di tutte le spedizioni Up, e Yuri Parimbelli, probabilmente uno degli alpinisti italiani più completi, tra roccia e ghiaccio. Mentre per l’esplosivo Ezio Marlier, che ha fatto parte del team nel 2005, l’esperienza pakistana di Up s’inserisce in un’attività assolutamente più ampia con nuove vie che partono dal Monte Bianco per estendersi alle Alpi liguri e a quelle centrali. Si tratta di vie su roccia e ghiaccio e di tante, tantissime cascate nuove. Poi, e non per ultima, c’è la grande esperienza dell’Alpine Ice Tour, il viaggio in 120 giorni attraverso 196 cascate alpine. Marlier è il simbolo dell’irrequietezza dell’alpinismo, mai domo e mai fermo. Un’energia incomprimibile di cui ha dato prova anche a Lecco animando (assieme a un imprevedibile e scatenato Rossano Libera) la festa del Grignetta.

Ma ritornando all’energia applicata alle montagne non si può non scordare quella, certo più nascosta ma sempre pronta a scoppiare, di Roberto Iannilli, ovvero “Mister Gran Sasso”. Roberto è uno straordinario “portatore sano” di quel virus che colpisce arrampicatori e alpinisti: per lui è semplicemente impossibile non scovare sempre nuove vie sulla sua montagna (il Gran Sasso) ma anche rinunciare alle sue scorribande per quelle del mondo. Accanto c’è da mettere l’assoluta forza e passione che motiva alpinisti come Silvestro Stucchi. Un’energia “lunga” che anno dopo anno, ogni anno, con la moglie Elena “brucia” i suoi 15 giorni di ferie per andare alla ricerca sempre di nuove vie per il mondo. O la passione di un Erik Svab: prova vivente che l’alpinismo e l’arrampicata sono una malattia difficile da debellare. Tanto che, nonostante la dichiarazione di aver ridotto al minimo l’attività pro lavoro e famiglia, poi ha presentato un curriculum chilometrico.

Di passione pura per l’alpinismo si deve parlare anche per il Centro di Addestramento Militare Alpino: lo hanno ben testimoniato Remo Armano, Alex Busca e Marco Farina, il nucleo su cui si basa il nuovo progetto di spedizioni del Centro Militare di Aosta. E sempre grande e assoluta passione è quella della più incredibile cordata del Premio Grignetta 2006: Lorenzo Festorazzi e Silvano Arrigoni con quella muraglia di roccia incastonata nella loro nuova via sul Siula Grande, hanno davvero fatto brillare gli occhi a molti. Anche a questo serve il Meeting: a far sognare e far nascere nuove idee! A ricordarlo sono stati, tra gli altri, Alberto Peruffo che ha proposto in video le possibili linee del futuro sulle montagne del Rakaposhi Batura, ma anche Giovanni Badino speleologo e scienziato che ha presentato un’esperienza davvero ai confini del possibile: la grotta dei Cristalli a Naica in Messico, uno dei posti più inaccessibile della terra che nasconde una delle sue meraviglie più incredibili. Come dire che i confini dell’avventura e dell’esplorazione sono senza limiti. Mai finiti, appunto come l’alpinismo del futuro.

Quasi dimenticavo: il Premio Grignetta d’oro per l’alpinismo è andato a Rolando Larcher e a Rossano Libera. Mezioni speciali della Giuria a Ivo Rabanser, Ezio Marlier e Maurizio ‘Manolo’ Zanolla. Il riconoscimento per la comunicazione è stato assegnato a Giorgio Spreafico, giornalista, capo redattore del quotidiano “La provincia” e autore, tra l’altro, del libro “Enigma Cerro Torre” (Cda Vivalda). Mentre per la categoria “lavoro e montagna” è stato premiato Giovanni Badino, fisico, ricercatore presso l’Istituto di Fisica Generale dell’Università di Torino e speleologo tra i fondatori dell’associazione La Venta. Sarebbe quasi superfluo dire che sono riconoscimenti assolutamente più che meritati, se non altro perché chi scrive ha avuto l’onore di far parte della giuria insieme a giurati di ben altro spessore come: Alberto Pirovano, presidente dei Ragni di Lecco, Mario Lacedelli, del Gruppo Scoiattoli, e Simone Pedeferri, vincitore della Grignetta d’oro 2003 per l’alpinismo. Di certo l’emozione di Rolando Larcher, l’incredulità di Rossano Libera, la commozione di Giorgio Spreafico e di Giovanni Badino bastano, e avanzano, per confermare che si è premiato, oltre che l’indubbio valore, anche una passione enorme. Il resto è stato solo una gran festa (con le dovute “intemperanze” del caso) che sarà raccontata ancora per molto, e che nessun scritto potrà davvero contenere tutta.

Special thanks to:
Claudio Corti: il testimonial della manifestazione. non s’è perso nessuna relazione degli alpinisti, un mito incrollabile!
Linda Cottino: la direttrice di ALP, preziosa la sua presentazione degli alpinisti
Fabio Palma: insostituibile

Si ringraziano inoltre per gli spontanei gruppi di studio notturni:
Simone Pedeferri: una dedizione ai limiti della resistenza umana; Ezio Marlier: semplicemente incontenibile; Rossano Libera: una sorpresa assoluta, in coppia con Marlier si è dimostrato devastante; Festorazzi & Arrigoni: un mito intramontabile, anche nei cori; Adriano Selva: resistenza e sorriso a prova di bomba, anche nel soddisfare il giorno dopo le smanie arrampicatore di alcuni relatori scelti; Alberto Pirovano: il presidente di tutti, anche quando c’è da “studiare” di più; Mario Lacedelli: ovvero la classe non è mai acqua; Rolando Larcher: s’è distinto per le birre offerte, ma anche per i brindisi alcolici che, da astemio, s’è sorbito con un sorriso (incredibile!); Alessio Roverato: altro astemio che si spera convertito; Karl Unterkircher: indistruttibile, s’è capito come ha fatto Everest + K2 uno dietro l’altro; Roberto Iannilli, silenzioso ma sempre presente, colto a discutere con Ivo Rabanser del rosso e del nero: vette filosofiche inarrivabili; Marco Anghileri: ha animato i “lavori” non facendo mai mancare i giusti “stimoli”: ospitalità da applauso e partecipazione assolutamente fondamentale; Pierluigi Marengon: si applica, ma può fare di più.
Va segnalato, inoltre, il contributo dei fuori programma offerti dal (solito) Libera e dal prof. Badino: uno streep memorabile il loro, per onestà intellettuale ma anche per il coraggio delle idee sostenute. Dal punto di vista più strettamente sportivo va citato, invece, il problema boulder affrontato da Pedeferri e non risolto per impraticabilità del campo tanto che il Ristorante 2184 ne porta ancora i segni.
Si spera che il frutto di tanto studio e applicazione in futuro venga raccolto in una dispensa a disposizione di tutti.

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