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Gli alpinisti statunitensi Michael Schaefer e Kate Rutherford hanno appena aperto la Washington Route (VI, 5.10, A1), nuova via sul Cerro Fitz Roy.

La Patagonia continua ad essere in fermento alpinistico: questa volta la notizia arriva direttamente dal Cerro Fitz Roy, grazie alla recente Washington Route aperta dagli statunitensi Mikey Schaefer e Kate Rutherford.

I due alpinisti hanno scelto di salire il più leggeri possibile, senza trasportare tenda e sacchi a pelo: questa scelta ha rallentato in modo significativo l’approccio alla Brecha. Infatti, dopo l’avvicinamento notturno sotto la pioggia e la salita sul ghiacciaio che si scioglieva al calore del sole, i due hanno perso tempo asciugando tutto il materiale. Costretti ad un bivacco improvvisato alla base della via California, è apparso subito evidente che la loro avventura avrebbe richiesto molto più tempo del previsto. 

Per Schaefer e Rutherford le difficoltà sono iniziate il 09/02/2011, scegliendo una linea a poche centinaia di metri a est della via California e con Rutherford in testa. L’inizio è stato lento a causa delle fessure ghiacciate, ma gli alpinisti hanno successivamente trovato bellissime fessure pulite con difficoltà sostenute nell’evidente diedro. Dieci rapidi tiri più tardi hanno deviato verso destra, ed altri due ripidi tiri li hanno condotti su un percorso più semplice: arrampicando in conserva sono arrivati alla cima alle 23.00. Dopo un altro freddo bivacco, sono scesi senza grossi problemi il giorno successivo lungo la via Franco Argentina.

La Washington Route è la terza nuova via in Patagonia per Schaefer, dopo la recente Jardines Japoneses assieme a Colin Haley e Jens Holsten sul Aguja Mermoz, e alla Hard Sayin not Knowing (400m 6a A2 75°) sulla parete est del Guillaumet, aperta con Kate Rutherford nel gennaio del 2009. 

Per un report completo e altre foto visitate mikeylikesrocks.com

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Ci ha lasciati Samuele Scalet. Aveva 70 anni, da alpinista ci ha regalato vie indimenticabili sulle Pale di San Martino (Dolomiti).

“Prima o dopo mi assale sempre il desiderio di tornare su qualche bella parete a consumarmi la pelle delle mani o ad aspettare l’alba in un bivacco.” Questo mi disse Samuele Scalet qualche anno fa in un’intervista. Forse è stato quello stesso richiamo che, venerdì mattina, l’ha spinto ad uscire dalla sua abitazione di Trento verso il rifugio Bindesi di cima Marzola. Un’escursione a lui famigliare sulla montagna che sorge proprio a due passi da Trento. Ma da quella sua ultima passeggiata Samule Scalet non è più ritornato. Ieri le squadre di soccorso hanno ritrovato il suo corpo nascosto in mezzo alla boscaglia.

Non ha mai smesso di pensare alla montagna Samuele Scalet, nemmeno in questi ultimi anni di lunga malattia. Nato nel 1940, trentino, laureato in matematica, insegnante, alpinista e fortissimo arrampicatore (nonché Accademico del Club Alpino dal ‘68) ha firmato molte bellissime vie sulle Pale di San Martino. Quelle stesse montagne che hanno riempito la sua fantasia di bambino “lasciando una traccia indelebile per tutta la vita”.

“Senza la montagna e l’amore che ho per essa non sarei più io” mi aveva raccontato sempre in quell’intervista, ricordando il momento in cui tutto era iniziato. In quell’estate dei suoi 13 anni  era andato alla ricerca delle sue pecore che si erano perse sull’Altopiano delle Pale. Le ritrovò  dopo giorni di solitaria ricerca. Intanto però era scoccata la scintilla: aveva gettato lo sguardo dentro e dietro le Pale innamorandosene per sempre.

La sua prima via nuova è dell’agosto del 1959, l’aprì sulla Cima Principale di Manstorna insieme ad Aldo Bettega, altro grandissimo alpinista delle Pale, e a don Sesto Bonetti. Poi venne quello che lui definì il suo primo perido da alpinista, che culminò nel 1964 con l’apertura della via Biasin sulla parete delle pareti delle Pale, la sud est del Sass Maor. Una via, bellissima e difficile, che per molti anni fu il banco di prova per i migliori dolomitisti e non solo.

Quella via per Scalet rappresentò la realizzazione di un sogno a lungo inseguito ma anche la perdita del suo compagnodi scalata, Giancarlo Biasin, che precipitò nella (facile) discesa. Quella tragedia gli lasciò tracce profonde. Tanto profonde che quasi interruppe le sue scalate.

Ma il suo amore per quelle montagne era troppo forte. Così dal ’93 iniziò la sua seconda primavera da scalatore. Una stagione bellissima tanto che, nel 2001, insieme a Marco Canteri e Davide Depaoli, aprì la stupenda Masada, una super via di 1260m metri considerata una delle più belle delle Dolomiti. Non a caso anche Masada percorre l’immensa sud est del Saas Maor, la parete che per sempre resterà nella sua anima e che per sempre parlerà agli alpinisti di Samuele Scalet.

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Al via domani, sabato 9 aprile, il 15° TdR, gara di scialpinismo a coppie che, per questa edizione, si svolgerà su due tappe. Per la prima volta, dopo aver sempre girato attorno alla cima di cui porta il nome, il TdR renderà omaggio alla madonnina che troneggia in vetta alla Testa del Rutor (3486 m). Si conferma il grande attaccamento degli atleti e degli appassionati a una gara capace di infondere tutto l’entusiasmo giovanile dello Sci Club organizzatore, il Corrado Gex. Tanti ‘big’ in lizza e i migliori giovani del panorama internazionale.

Tutto è pronto nei comuni valdostani di Arvier e Valgrisenche (Provincia di Aosta, Italia) per accogliere le centinaia di atleti che, divisi in squadre da due, prenderanno parte alla 15° edizione della competizione che ha per protagonista ‘muto’ il Rutor. Due tappe dunque. La prima sabato 9 sul territorio di Valgrisenche, la seconda domenica 10 su quello di Arvier. Oltre 4000 metri di dislivello positivo in due giorni. Già da oggi, venerdì 8 aprile, dalle 14,30 alle 18,30 l’accreditamento dei concorrenti, fra cui tanti nomi di primo piano, e il ritiro del pacco gara. Alle 18,30 il briefing che illustrerà i percorsi e gli orari, con partenze anticipate per poter ovviare alle alte temperature che si annunciano nei due giorni di sole del week-end. Il briefing inaugurale si concentrerà in particolare sul percorso di sabato che prevede la partenza dalla diga di Beauregard (1770 m), nel territorio di Valgrisenche (Aosta, Italia) e si conclude a Planaval (1557 m), dopo aver toccato la Testa del Rutor (3486 m). L’omaggio alla madonnina del Rutor è il primo in tanti anni di questa classica con la formula a tappe e la sommatoria dei tempi (come al giro d’Italia di ciclismo o come nelle manches di sci alpino). Nelle precedenti edizioni infatti il Rutor costituiva il perno attorno al quale si snodavano gli itinerari. Stavolta il massiccio che conferisce il nome alla gara verrà toccato direttamente dal tracciato. Domenica sarà invece quello classico, con le creste, le cime, le grandi discese vegliate dallo Château Blanc (3415 m) e dal Flambeau (3315 m). Il denominatore comune dei due giorni sarà, come dice il nome di questa gara, l’«extrême», cioè la tecnicità alpinistica e la lunghezza dei percorsi.

L’altra bella notizia (che però è una conferma di una vocazione del Corrado Gex) è che, al fianco di tanti nomi di primo piano, quali quello del beniamino locale Denis Trento in squadra con Matteo Eydallin (vincitori dell’ultima edizione), di Gloriana Pellissier con la superstar spagnola Mireia Mirò, di campioni pluridecorati come Jean Pellissier o come il transalpino Toni Sbalby, delle nazionali elvetiche Marie Troillet in squadra con Gabrielle Magnenat, sulla linea di partenza si presenteranno i migliori giovani in circolazione che hanno tutte le credenziali per salire sul podio: dal team italo francese Francois Cazzanelli – Matheo Jacquemoud, alla squadra valtellinese Michele Boscacci – Robert Antonioli, alla “cordata” valdostano tedesca Filippo Righi – Josef Rottmoser. Insomma, l’avventura verticale più tecnica e appassionante del calendario Fisi in pelli di foca è pronta per regalare tante emozioni.

PROGRAMMA TOUR DU RUTOR 2011
VENERDI 8 APRILE 2011
c/o Scuole di Arvier dalle ore 14,00 – ore 18,30
– conferma iscrizione;
– consegna voucher pernottamenti;
– consegna premio di partecipazione;
– ore 18,30 presentazione della gara con la proiezione di un filmato relativo ai percorsi.

SABATO 9 APRILE 2011
1 ora 1/2 prima della partenza della gara firma registro delle presenze, controllo pettorale e ARVA;
ore 6,00 partenza gara;
ore 9,30 arrivo previsto prima coppia;
ore 17,00 presentazione della tappa c/o Sala polivalente scuole Elementari di Arvier.

DOMENICA 10 APRILE 2011
1 ora 1/2 prima della partenza della gara firme registro delle presenze, controllo pettorale e ARVA;
ore 6,00 partenza gara;
ore 9,30 arrivo previsto prima coppia;
ore 12,30 pranzo di chiusura c/o la struttura polivalente sita in località Runaz (Avise);
ore 14,00 premiazione c/o Sala polivalente scuole Elementari di Arvier.

Info, news, aggiornamenti, cronache e classifiche su www.tourdurutor.com.

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Intervista all’alpinista britannico Matt Hellinker dopo la prima salita di The Cartright Connection sulla Moonflower Buttress, Mount Hunter (Parco Nazionale di Denali), in Alaska insieme a Jon Bracey.

Come riportato in precedenza, a metà maggio con 6 giorni di scalata gli alpinisti britannici Matt Helliker e Jon Bracey hanno aggiunto un’importante via nuova alla famosa Moonflower Buttress sul Mount Hunter. La nuova line che è stat chiamata The Cartright Connection, ha uno sviluppo di circa 2000m ed è stata valutata di grado 6 (il massimo della scala utilizzata in Alaska) oppure M6, AI6, 5.8, A2. La salita è avvenuta dopo una perlustrazione durata un giorno in cui Helliker e Bracey hanno salito i primi 10 tiri per sondare il terreno e scegliere la tattica giusta. Poi, dal 13 al 18 maggio, due hanno scalato la parete impiegando quattro bivacchi (dormendo nel loro portaledge) e lottando contro una tempesta che li ha quasi costretti alla ritirata. La nuova via si unisce alla famosa ‘Moonflower Buttress’ sul tiro Vision, sopra la seconda cengia, e il tour de force finale è durato 36 ore descritte poi da Helliker come la salita più lunga e difficile della sua vita. Di seguito la nostra intervista con la guida alpina britannica e il report di Jon Bracey.


The Cartright Connection – intervista a Matt Helliker


Matt, iniziamo con il vostro giro di ricognizione e i primi 10 tiri della via.
Sì, avevamo bisogno di “tastare il terreno”. Non eravamo ancora del tutto convinti che avremmo avuto bisogno di portarci su tanto materiale e anche il portaledge. Essere in parete per un giro di ricognizione per confermare la nostra tattica è stato molto importante per metterci nella posizione ideale per il tentativo vero.

Le cose sono andate abbastanza lisce fino al quarto bivacco, poi siete rimasti senza cibo.
Avevamo con noi provviste per 5 giorni e avevamo originariamente previsto tra i 5 e i 7 giorni per la salita. Eravamo disposti quindi a perdere peso se necessario! Il secondo è salito con uno zaino, mentre il primo saliva con una corda sottile per tirare su il materiale, così siamo stati grado di salire il più possibile in libera.

Sieti stati bloccati da un tempesta, ma poi alle 9 di sera siete stati graziati da una breve tregua.
Avevamo deciso di aspettare altri 2 giorni se necessario, ma era prevista molta neve e vento che sarebbero durati forse per una settimana, il che significava che il nostro tentativo di raggiungere la cima era da giocare in quel momento. Se non avessimo lasciato il bivacco per poi scalare nel brutto tempo, certamente non avremmo completato la via. Saremmo stati costretti a scendere a causa del vento che soffiava a 70 miglia all’ora e le abbondanti nevicate.

Nel primo report hai parlato di un’intrigante esperienza fuori dai vostri corpi.
Verso la fine della salita tutti e due eravamo convinti si sentire delle voci. Questo è durato da 300 metri sotto la vetta fino a circa metà della discesa, ma non era preoccupante, anzi, è stato qualcosa di confortante. Credo fosse la nostra mente che giocava con noi visto che entrambi eravamo completamente devastati dalla stanchezza. Detto questo, ci sembrava comunque di essere nel posto giusto al momento giusto!

Come mai questa linea?
Beh, la Moonflower Buttress è una delle pareti di misto più ripide e belle del mondo. Poter lasciare il segno con una nuova via su questa montagna era ovviamente una grande attrazione.

Avevate già salito la via Moonflower in precedenza?
Questa era la mia prima volta sulla parete nord, mentre Jon aveva già scalato sulla Moonflower lungo la via degli francesi.

Questa non è stata la tua prima esperienza in Alaska. Perché continui a tornare?
Per la facilità di accesso, l’Alaska è superba. Puoi scalare già 3 giorni dopo la partenza dalla Gran Bretagna, così per una “veloce toccata e fuga” sulle grandi montagne è semplicemente perfetto. Per non parlare poi dell’arrampicata e del potenziale che sono semplicemente incredibili. Per l’apertura di nuove vie, l’Alaska è come le nostre Alpi 25 anni fa!

The Cartright Connection – il report di Jon Bracey
Inesorabili valanghe e costanti raffiche di vento schiaffeggiavano ed alzavano il nostro portaledge. Il nostro piccolo bozzolo di sicurezza su questa difficile ed ostile montagna veniva inghiottito lentamente, mentre osservavamo nervosamente la neve salire sulle pareti della tenda. Per arrivare fino a qui avevamo investito cinque dei più difficili giorni di arrampicata della nostra vita e le nostre possibilità di raggiungere la cima della parete Nord diminuivano rapidamente. Non c’era nulla che potevamo fare e le previsioni davano più neve e venti ancora più forti nell’immediato futuro…

Dopo il nostro giro di ricognizione, il primo giorno in parete è filato liscio e le cose andavano secondo i nostri progetti. Quella notte un po’ meno, quando ci siamo resi conto del pericolo di restare appesi nel portaledge su un pendio di ghiaccio di 60°. Siamo stati svegliati da una gran botto, quando il portaledge è collassato all’improvviso e si è trasformato in amaca! Il secondo giorno abbiamo dovuto affrontato molte incertezze per trovare una via attraverso un terreno molto complesso, ripido e pieno di strapiombanti funghi di ghiaccio. Matt ha lottato duramente da primo per tutta la giornata e alla fine, alle 2.00 di notte circa, ci ha portati sotto la più ripida cengia di roccia. Supere queste difficoltà ci ha dato molta fiducia e per la prima volta ho iniziato a pensare che avremmo avuto una piccola possibilità di riuscita! Il terzo giorno è stato ripido e spaventoso …. sottili lastre di ghiaccio, fessure strapiombanti, roccia instabile da superare in artificiale, un tiro di ghiaccio verticale e molto di più ancora. Siamo finalmente andati a letto alle 06.00! Il quarto giorno ci siamo uniti alla via Moonflower e la nuova via era una possibilità – avevamo soltanto bisogno di un po’ di fortuna con il tempo. Ma il quinto giorno ha iniziato a nevicare e il vento soffiava…

Dopo essere rimasti intrappolati nel portaledge tutto il giorno, alle 9 di sera abbiamo avvertito una lieve tregua nella tempesta e vedevamo scorci di sole attraverso le nuvole. Tutti e due abbiamo pensato esattamente la stessa cosa… che questa era la nostra unica possibilità e che la dovevamo prendere! Eravamo senza cibo quindi non aveva neanche senso continuare il gioco dell’attesa. Abbiamo rapidamente messo nello zaino il fornello, guanti di ricambio, una giacca calda ed un minimo di attrezzatura. Il nostro obiettivo era raggiungere la cima della parete, 500m e 13 tiri sopra di noi, pur sapendo in realtà che le possibilità di successo erano minime. Due tiri più tardi ha iniziato nuovamente a nevicare e ci siamo trovati a combattere duramente contro le forti scariche di neve. Il freddo era quasi insopportabile ma in qualche modo il nostro ottimismo e la riluttanza di darci per vinti ha prevalso. Abbiamo raggiunto la cima alle 5 del mattino in un stato di delirante esaurimento, ci siamo detti poche parole e non ci siamo resi conto di quello che eravamo appena riusciti a fare. Sapevamo soltanto che dovevamo iniziare la discesa in corda doppia, subito. 38 calate e 14 ore più tardi eravamo di nuovo sul ghiacciaio e siamo crollati, dopo essere rimasti svegli per 36 ore. Abbiamo chiamato la via ‘The Cartwright Connection’ in memoria del buon amico Jules. Era sua la visione di tentare questa linea.


The Cartwright Connection
North Buttress, Mount Hunter, Alaska
Prima salita Jon Bracey e Matt Helliker 13 – 18 maggio 2011
circa 6000 piedi, grado Alaska 6 (M6, AI6, 5.8, A2)

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Dean Potter highlining sopra Yosemite Falls

August 25, 2019 | News | No Comments

Il video del climber statunitense Dean Potter slacklining sopra Yosemite Falls, Yosemite, USA.

Ci sono pochi climber che hanno spinto il limite del estremo – in tutte le sfere del nostro mondo verticale – più dello statunitense Dean Potter. Da veloce salite in stile alpine (leggi la prima solitaria della Supercanaleta sul Cerro Fitz Roy in Patagonia) a audace free solo(leggi la terza salita di Separate Reality dopo Wolfgang Güllich e Heinz Zak e la salita freebase di Deep Blue Sea (7b+) sull’Eiger in Svizzera, passando per i Base Jump e slacklining, la ricerca di Potter per il possibile nell’impossibile è profondo e del tutto personale.

Non sorprende quindi che National Geographic gli aveva nominato Adventurer dell’anno 2009 e l’ultima high line di Potter, catturato nel video sotto proprio per la prestigiosa rivista, attraversa il Yosemite Falls, 1000m sopra la valle californiana. A sentire Potter, questo è il suo più difficile highline di sempre.

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Pizzo Painale, Apnea per Francesco Forni

August 25, 2019 | News | No Comments

Il 13 maggio Francesco “Mappa” Forni ha effettuato la prima salita dal versante nord del Pizzo Painale (3248m) Gruppo dello Scalino, Alpi retiche. La sua “Apnea” (III/WI3/M3, 400m) attraversa una serie di goulottes che portano alla cresta occidentale.

Il 38-enne disegnatore tecnico di Sondrio ha salito l’inviolata parete in 2.30 ore e mentre le condizioni del ghiaccio erano ottime, il misto si presentava pessimo e la neve era inconsistente per il troppo caldo. Lungo la via Forni ha lasciato due chiodi su due salti di roccia dove si era protetto con longe, mentre per il resto della via è salito in piolet traction senza corda. Sbucato in cresta ha proseguito con fatica per un’altra ora per raggiungere la cima, dopo di che è sceso per la parete orientale in 4 lunghe ore fino al Passo del Forame (2833mt): “per le troppe cornici instabili e la neve pessima sono sceso quasi sempre in sicura lasciando per strada un po’ di materiale e tutte le energie che mi erano rimaste.”

APNEA di Francesco “Mappa” Forni 

Per quanto riguarda il Painale, non è da ieri che ci penso e per cui sono molto sollevato per averlo fatto… Tre anni fa ho provato in pieno inverno dalla Val di Togno ma il freddo e il brutto tempo nonché la troppa neve mi hanno fatto tornare indietro dopo pochi metri. Per cui il periodo doveva essere in primavera…

Spiando la parete dal Pizzo Scalino spesso la vedevo sempre troppo carica di neve. Fatto sta che un tentativo doveva essere fatto quest’anno ed ero determinato nel provarci, la consideravo ormai una questione tra me e la parete.

Lascio passare il MelloBlocco con tutta la festa che si fa e poi decido di aspettare il momento giusto. Non nascondo che proprio guardando un po’ di video boulder del Maspes leggo che lui e Popi Miotti (che considero due amici e rispetto moltissimo) avevano appena provato una salita alla nord del Painale e non era la prima volta. Un po’ sorpreso dalla notizia mi rendo conto che non sono l’unico con questa  perversa idea e la cosa mi carica ancora di più.

Siamo a giovedì 12 maggio 2011 ore 17.30; arrivo a casa dal lavoro, completo lo zaino e con sci e scarponi monto in moto e mi porto in fondo alla Val Fontana. Appena mi fermo inizia a piovere e mi domando cosa ne faro’ degli sci, visto che i prati verdi abbondano anche in alto….

Beh mi incammino sotto la pioggia che aumenta sempre di più e dopo mezz’ora l’acqua mi scorre per tutto il corpo. Per fortuna la neve spunta dopo i 2200m e mi sento sollevato sia per il peso minore dello zaino senza gli sci, sia per il loro utilizzo. Con gli sci ai piedi si va bene, anche se la neve è zuppa d’acqua e cede al mio peso; senza sci non avrei fatto un metro….

La sera avanza e devo raggiungere il rifugio Cederna prima di notte. Arrivo infatti con il primo buio e piove ancora (ore 21.30). Entro, accendo la stufa, mi lascio asciugare dal suo calore, mangio qualcosa e mi metto in branda sperando nel bel tempo delle previsioni e che i vestiti siano un po’ asciutti al mattino.

Ore 3.45  il cielo è stellato per cui si va, non ci sono più scuse; colazione, mi preparo per bene e sci ai piedi salgo il ripido e duro canale che porta al Passo del Forame (2833m). Arriva il primo sole e mi illumina di speranze e coraggio; mollo gli sci, prendo ramponi e picche e mi porto sotto la parete nord e verso le 7.00 parto dal punto da me scelto a tavolino.

Beh che dire: salgo, il ghiaccio è morbido, mi diverto e andrei avanti all’infinito… cosa vuoi di più? Seguo una serie di goulotte e mi porto a ridosso della cresta occidentale…

Apnea
Pizzo Painale (3248m) – Gruppo dello Scalino – Alpi retiche
Prima salita dal versante nord al Pizzo Painale effetuato da francesco Forni il 13/05/2011
Rifugio d’appoggio: Cederna-Maffina non costudito (2583m)
La via: Le condizioni della parete erano ottime per quanto riguarda il ghiaccio ma pessime per le parti di misto. La neve era inconsistente per il troppo caldo e la parte di cresta finale è stata faticosa. (2h30 + 1h di cresta). Ho lasciato due chiodi in via in due salti di roccia dove mi sono protetto con longe; per il resto sono salito in piolet traction senza corda. Il ritorno dalla parete orientale fino al Passo del Forame (2833mt) per le troppe cornici instabili e la neve pessima è stato fatto quasi sempre in sicura lasciando per strada un po’ di materiale e tutte le energie che mi erano rimaste.(4h).

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Al via la seconda spedizione del progetto “Sulle Tracce dei Ghiacciai” condotta da Fabiano Ventura e l’associazione italiana Macromicro. Dopo il Karakorum, ora tocca al Caucaso.

I grandi cambiamenti della Terra, che coinvolgono l’atmosfera e il clima, condizionano pesantemente la biosfera e l’ambiente dell’uomo. Questi cambiamenti sono dimostrati da termometri terrestri precisi e molto affidabili: i ghiacciai.

L’esperienza degli ultimi cento anni sullo studio dei cambiamenti climatici ha prodotto molta letteratura e illustri climatologi si sono riuniti in panel mondiali per discutere del problema. Tra i tanti protagonisti nel campo naturalistico/ambientale grande contributo alla scienza arriva dall’associazione italiana no profit “Macromicro” impegnata nel progetto fotografico-scientifico dal titolo: “Sulle Tracce dei Ghiacciai”, volto a studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sui ghiacciai montani più importanti della Terra.

A fine luglio un team specializzato di esperti alpinisti, ricercatori e fotografi partirà per il Caucaso (sistema montuoso che si allunga per circa 1100-1200 km tra il Mar Nero e il Mar Caspio), per effettuare fotografie e per compiere misurazioni glaciologiche. Il tutto verrà seguito da una troupe televisiva specializzata che girerà un documentario in alta definizione sulle attività della spedizione.

Il team della spedizione è composto da grandi nomi: il fotografo Fabiano Ventura, i glaciologi Kenneth Hewitt e Riccardo Scotti, il regista Marco Preti e il cameramen Luca Venchiarutti. A seguire il lavoro del team sarà un apposito Comitato Scientifico costituito da illustri nomi nel panorama scientifico internazionale, come Claudio Smiraglia (Professore Ordinario presso la Facoltà di Scienze dell’ “Università Statale di Milano”), Kenneth Hewitt (Professore Emerito di Geografia e Studi Ambientali e ricercatore associato del “Cold Regions Research Centre” della “Wilfrid Laurier University” a Waterloo-Ontario, Canada), Christoph Mayer (dell’ “Accademia delle Scienze di Monaco di Baviera” e membro della “Commissione Glaciologia Tedesca”) e il Dott. Stefano Urbini dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma.

La spedizione in Caucaso, che durerà dal 28 luglio al 1 settembre 2011, è la seconda di un piano di cinque spedizioni (il Karakorum, il Caucaso, l’Alaska, le Ande e le Alpi) in tre continenti, previste per avere, a fine progetto, il polso della situazione a livello mondiale. La prima, che si è svolta in Karakorum nel 2009, ha avuto un grande successo scientifico e mediatico.

“Il nostro scopo- afferma Fabiano Ventura, fotografo e ideatore del progetto- è quello di ripetere le fotografie di antichi esploratori di fine Ottocento – inizio Novecento per compararle con le nuove immagini da noi realizzate e scattate dallo stesso punto geografico, per studiare ed evidenziare le variazioni in atto sul pianeta Terra. I glaciologi sul campo- continua Ventura- faranno misurazioni e acquisiranno dati, che, associati alle immagini comparative, daranno risultati che riferiranno sui cambiamenti climatici associati ai ghiacciai. In definitiva, vorremmo sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche legate alla gestione sostenibile delle risorse naturali”.

Secondo quanto evidenziano dagli esperti dell’Associazione “Macromicro”, gli scatti fotografici in Caucaso seguiranno i percorsi dei pionieri, che nella storia hanno preceduto i nostri attuali protagonisti. Solo per ricordare qualche nome in campo italiano: le opere fotografiche di Vittorio Sella (1889, 1890 e 1896), Mario Piacenza (1910), Vittorio Ronchetti (durante gli anni ’10 e ’20 del secolo scorso) e Andrea Pollitzer (1929), o dei grandi pionieri stranieri come Hermann Woolley, Albert Frederik Mummery, Douglas William Freshfield, Mor Dechy e Vilem Heckel.

Molti ghiacciai stanno scomparendo (entro il 2050 l’88% è a rischio estinzione), ma dai risultati ottenuti dalla prima spedizione, si può dire che molti ghiacciai del Karakorum sono stabili e alcuni addirittura sembrano in crescita. E come saranno i dati della spedizione in Caucaso? Non ci resta che seguire le orme del team, soprattutto sul sito web www.macromicro.it, che verrà aggiornato dagli stessi esperti, in tempo reale, sia in lingua inglese che italiana, durante tutto il tempo di svolgimento della spedizione.

Per illustrare le attività svolte sul campo, al ritorno dalla spedizione, è prevista anche l’organizzazione di una conferenza stampa presso la sede centrale dell’ “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia”.

Elenco delle montagen e dei ghiacciai che verranno scalate e fotografate durante la spedizione
Montage:
Leila Gora (4109m), Latraldash orAsmashi (3500m), Banguriani (3800), Segar pass (2600m), Dadiash-Ushkul (3400), Borjula (4300m), due cime fino a Mestia
Ghiacciai: Ushba, Lekzir, Tioibri, Tuiber, Dzinal, Adish, Shkara

Sulle Tracce dei Ghiacciai – Karakorum

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Intervista all’alpinista britannico Mick Fowler, dopo la prima salita insieme a Dave Turnbull di Gojung (6310m) in Nepal, Himalaya.

Due settimane fa abbiamo dato notizia della prima salita di Gojung (6310m) la nuova via nella catena montuosa delKapthang sul confine tra il Nepal ed il Tibet in Himalaya, da parte degli alpinisti britannici Mick Fowler e DaveTurnbull. I due hanno aperto in quattro giorni una via di 1200m gradata ED che sale la goulotte centrale dellaparete ovest, poi hanno attraversato la la cresta sommitale verso nord per salire in cima ad un’altra inviolatamontagna, senza nome ed alta 6264m, prima di scendere verso ovest e raggiungere il ghiacciaio da cui eranopartiti.

Fowler ha affermato che la salita "aveva esattamente i criteri che mi attraggono. L’arrampicata erameravigliosa, tecnicamente impegnativa, oggettivamente sicura, con una linea accattivante che porta direttamente ad un cima inviolata, seguita poi da una discesa diversa. Inoltre, siamo anche stati ingrado di fare una prima salita ad un’altra cima vicina durante la discesa".

Mick, ci puoi dare qualche informazioni sulla via.
Siamo saliti dal Campo Base che era a circa 4400m, abbiamo bivaccato sotto la parete a circa 5000m e poisiamo partiti. Pensavamo di impiegare forse 3 giorni in parete, alla fine ce ne sono voluti quattro, e in tutto cisono voluto 8 bivacchi. Uno sotto la parete, tre in parete, uno sulla cresta sommitale, due lungo lacresta per raggiungere la nostra via di discesa e uno poi sul ghiacciaio a discesa finita. Durante la salita il tempoera favoloso, ma non così favoloso sulla cresta che abbiamo attraversato. Così, mentre le maggiori difficoltàtecniche le abbiamo incontrate nel primo terzo della parete, la parte più difficile per noi è stata attraversare la cresta durante ilmaltempo.

Che ci dici invece dell’acclimatamento?
Che cosa vi devo dire? Prima siamo saliti fino a circa 5100m sul lato opposto della montagna e siamo andati aspasso con mal di testa per un paio di giorni. Abbiamo trascorso 3 notti a 5100m, poi siamo scesi al campo basea circa 4400m e dopo un giorno ci siamo rimessi in marcia e abbiamo fatto la salita.

La montagna era stata tentata nel 2009 da una spedizione spagnola. Avete scelto la stessa linea di salita?
Non so che linea avevano in programma di fare ma penso che quasi tutti siamo d’accordo nel vedere soltantouna linea evidente sul lato ovest.

Il Gojung è stata anche chiamato Mugu Chuli.
Il pastori locali di yak chiamano la montagna Gojung e questo è il nome che dovrebbe essere usato.Apparentemente non vuol dire niente.

Rispetto ad alcune altre spedizione, questa era molto semplice.
Bene. Cose complesse non vanno bene. Arrampicare per il divertimento personale è una buona cosa. Non c’ènessuna pressione di prendersi rischi. E’ soltanto divertimento con buoni amici.

Ultima domanda: che sensazione hai sulla vetta? Sono cambiate nel corso degli anni?
No. Non è cambiato per niente. Sento euforia, eccitazione, soddisfazione… e tante altre emozioni. La salita cheho sognato per tanto tempo è stata effettuata. La vita è bella!

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Ai mondiali di arrampicata di Arco lo spagnolo Ramón Julian Puigblanque è il nuovo Campione del Mondo Lead. L’austriaco Jakob Schubert vince l’argento, il ceco Adam Ondra il bronzo. Il cinese Qixin Zhong e la russa Maria Krasavina conquistano il titolo dello Speed.

Ramón Julian Puigblanque è il Campione del Mondo Lead. Incredibile la sua salita oggi, davvero impressionante. Senza esitazioni, dritto al top. Quelllo a cui Adam Ondra ha lanciato invano, quello che Jakob Schubert ha toccato ma non tenuto. Il lancio di Puigblanque invece entrerà nella storia. Chi non c’era non capirà mai fino in fondo cosa ha fatto Ramonette qui ad Arco stasera. Il pubblico del Climbing Stadium sì invece, l’ha capito perfettamente e l’ha premiato con una standing ovation memorabile. E’ lui il re del mondo e di Arco. Dopo Aviles nel 2007, Ramonette è nuovamente il Campione del Mondo Lead!

Classifica finale maschile Lead – mondiali di Arco
1 Ramón Julian Puigblanque 1981 ESP Top
2 Jakob Schubert 1990 AUT -50
3 Adam Ondra 1993 CZE -50
4 Magnus Midtboe 1988 NOR -45
5 Manuel Romain 1988 FRA -41
6 Hyunbin Min 1989 KOR -39
7 Evgeny Ovchinnikov 1971 RUS -25
8 Evgeny Zazulin 1991 RUS -23

Leggi tutto il report Finali Lead maschile, visita la gallery e guarda i video prodotti dal team di Planetmountain sul sito ufficiale dei Mondiali di Arrampicata di Arco
www.arco2011.it

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Salewa Rockshow, inizia il tour 2012

August 24, 2019 | News | No Comments

Parte ad aprile il Rockshow 2012, il tour promosso da Salewa ed aperto a tutti. Un viaggio itinerante alla ricerca del climber con “l’X factor verticale”. Il tour toccherà nove paesi europei e culminerà a luglio con la finale alla fiera Outdoor di Friedrichshafen. Intanto sono già aperte le iscrizioni aperte a tutti i giovani climbers per le qualificazioni.

Salewa Rockshow riparte il tour… Ovvero preparatevi ad arrampicare e a dimostrare il vostro talento ma, anche, quanto sapete divertivi con la scalata. L’appello è rivolto soprattutto ai giovani climber (ma non solo) che vogliono dimostrare e mettere alla prova la loro passione e il loro talento. Basta iscriversi e… il gioco è fatto. Come sempre, anche per questa 4a edizione, il grande viaggio del RockShow, sempre all’insegna dell’arrampicata e del suo spirito più felice, avrà un respiro internazionale. Sono 9 nazioni coinvolte nel tour, compresa naturalmente l’Italia. Tre le fasi previste. Si parte da una prima fase indoor – una sorta di qualificazione aperta a tutti – per poi passare alla seconda in falesia e quindi al gran finale di metà luglio alla fiera Outdoor di Friedrichshafen, in Germania.

In Italia il primo step, il RockCalling, è un giornata moltiplicata per 5 tappe all’insegna del divertimento e dell’arrampicata per tutti. Ad ogni tappa una speciale giuria, composta di atleti locali, nominerà fino ad un massimo di 3 vincitori in base alla tecnica, lo stile e la personalità di ciascun arrampicatore. Ma il Rockcalling non si esaurisce qui… perché non mancherà la festa, con serate animate da musica dal vivo e tutto quello che serve per divertirsi assieme in ognuna delle 5 palestre che ospiteranno l’evento: Elcap a L’Aquila; il.PUNTO a Borgo San Dalmazzo (CN); la palestra Sport e Cultura Bergamo; Topo Pazzo Climbing House ad Aosta e il Salewa Cube di Bolzano.

Per la seconda fase arriva quello che non poteva mancare… la roccia. I vincitori di ogni tappa dei Rockcalling – che si terranno in Italia, Germania, Austria, Spagna, Francia, Polonia, Russia, Repubblica Ceca e Svizzera – si ritroveranno ad arrampicare in falesia assieme ai professionisti del Team Salewa alpineXtrem. Quest’anno sarà la bellissima cornice di Cala Gonone in Sardegna ad ospitare, dal 12 al 15 luglio, la tappa italiana sulla roccia, con Florian Riegler, Roger Schäli e Johanna Ernst (per nominare solo tre degli atleti del team Salewa) che sicuramente daranno buoni consigli su come migliorare l’arrampicata dei giovani climber selezionati. Alla fine della giornata verranno eletti due “Climber of the Day”, ovvero, il miglior arrampicatore e la miglior arrampicatrice che, oltre a vincere 300 euro di buono acquisto, passeranno direttamente in finale.

Poi l’ultimo attesissimo round il Rockfinal. A metà luglio a Friedrichshafen, di fronte al pubblico della famosa fiera dell’Outdoor, verranno decisi i due “Climber of the Tour 2012.” Oltre al titolo, il vincitore e la vincitrice a settembre potranno trascorrere un indimenticabile weekend da VIP al primo Rock Master Festival 2012.

Un ultimo (importante) dettaglio: tutte le spese di viaggio e ospitalità della tappa in falesia a cala Gonone e della finale in germania saranno a carico della Salewa.

Volete partecipare al Salewa Rockshow? Per saperne di più e per registrarsi alla prima tappa del Rockcalling, visitate il sito www.salewa.com/rockshow oppure registratevi subito su www.salewa.com/rockshow/it_it/iscriviti

LE TAPPE ITALIANE DEL SALEWA ROCKSHOW 2012

1a fase – RockCalling:
15 aprile
– L’ Aquila, palestra Elcap in Centi Collela, in collaborazione con il negozio Mountain World Aquila
21 aprile – Borgo San Dalmazzo (CN), palestra il.PUNTO, in collaborazione con il negozio Massi Sport
27 aprile – Bergamo, presso la palestra Sport e Cultura, in collaborazione con il SALEWA Store Bergamo
19 maggio – Aosta, palestra Topo Pazzo Climbing House, in collaborazione con il SALEWA Store Aosta
26 maggio – Bolzano, palestra SALEWA Cube, in collaborazione con il negozio SALEWA World

2a fase – Cala Gonone
Riservata ai tre vincitori di ciascuna tappa del RockCalling

3a fase finale – Friedrichshafen
12 – 15 luglio 2012

SALEWA ROCKSHOW TRAILER 2012

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