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Dal 1 al 3 marzo 2012 Nicola Tondini, Alessandro Baù ed Enrico Geremia hanno effettuato la prima salita invernale di Kein Rest Von Sehnsucht (1250m, 28 tiri, VIII+ max) sulla Nord Ovest di Punta Tissi, Civetta (Dolomiti). Una via, tra le più impegnative della parete, aperta da Cristoph Hainz e Valentin Pardeller.

Ci sono vie e pareti che lasciano il segno, o meglio da cui è difficile prescindere. Sicuramente l’impressionante muraglia della Nord Ovest del Civetta, per chi conosce le Dolomiti (e non solo), è una di queste pareti. Come lo è una via come Kein Rest Von Sehnsucht (ovvero Nessun residuo di nostalgia) aperta nel 1991 da mister Cristoph Hainz insieme a Valentin Pardeller. Devono saperlo bene Nicola Tondini, Alessandro Baù ed Enrico Geremia che all’inizio dello scorso marzo, in due giorni e mezzo, hanno realizzato la prima salita invernale di questo grande, difficile e pochissimo ripetuto itinerario, lungo 1280m per 28 lunghezze con difficoltà di VIII+ un tiro, VIII un altro tiro e il resto spesso tra il VII e il VII+.
Tra l’altro vien da pensare che dev’esserci qualcosa che lega la Nord Ovest ad Alessandro Baù – vedi l’apertura di Chimera Verticale, la prima ripetizione di Nuvole Barocche e non ultima la veloce invernale di Capitan Sky-hook effettuata non a caso proprio con Nicola Tondini (altro patito dei lunghi viaggi in parete). Sicuramente è l’irresistibile e selvaggio fascino della Nord Ovest che li ha motivati. A cui naturalmente si aggiunge la passione per l’alpinismo, ma anche la grande storia di questa parete e di questa via. A proposito di storia, a rileggerla viene non solo il sospetto che nulla avvenga per caso ma che conoscerla sia imprescindibile per comprendere di cosa stiamo parlando.
Dunque cerchiamo di fare mente locale. Nel 1957, tra la cima principale e la Punta Tissi della nostra parete Nord Ovest, in 3 giorni è stata aperta una delle vie di riferimento per i primi decenni del dopoguerra: il diedro Philipp-Flamm. Lo stesso Messner nel ’69 l’utilizzò come banco di prova del suo grandissimo livello, realizzandone la prima solitaria e la prima ripetizione in giornata.
Più a destra, nel 1925, un’altra cordata tedesca composta dal forte Solleder, si aggiudicò la prima salita diretta alla NW, considerata da tutti il primo VI° di riferimento delle Alpi. Le prime ripetizioni invernali di queste due grandi vie, compiute rispettivamente da G. Rusconi, Crimella, Fabbrica, Tessari di Valmadrera e da Piussi, Redaelli, Hiebeler, hanno fatto la storia dell’alpinismo.
Salto generazionale: nel 1991 un emergente Cristoph Hainz lasciò il suo segno: in 3 giorni con Valentin Pardeller aprì Kein Rest von Sehnsucht. L’anno dopo arrivò la prima ripetizione da parte di una delle più forte cordate di quegli anni: Roland Mittersteiner e Adam Holchnetzt. Riuscirono nella salita in sole 8 ore, nascondendone forse il grandissimo impegno richiesto. Nello stesso anno, Cristoph (sempre lui) la ripeté in 2 giorni con un bravo cliente. Da allora, fino al 2009, si susseguono vari tentativi, ma nessuna ripetizione venne più completata.
Dopo 17 anni di oblio, la terza e la quarta ripetizione vengono compiute, casualmente nello stesso giorno, da Alessandro Baù con Daniele Geremia e da una cordata altoatesina. Entrambi uscirono in 2 giorni. Baù definisce la via “di alto livello: come impegno, dopo Nuvole barocche (aperta da Venturino De Bona e Piero Bez ) e la sua recente Chimera Verticale, è il terzo itinerario più duro della NW. Le pochissime protezioni, i gradi molto stretti, la roccia che richiede attenzione fino a metà parete, ne fanno un sicuro banco di prova”.

Un banco di prova in veste “invernale” che Baù, Tondini e Geremia hanno raccontato a Giovanna Tondini in quest’intervista:

INVERNALE A KEIN REST VON SEHNSUCHT
intervista di Giovanna Tondini

Da dove è nata l’idea di Kein Rest in Invernale?
Alessandro Baù: E’ un progetto che cullavo dal 2005. Sfogliando la vecchia monografia di ALP sulla Civetta mi aveva colpito la foto che ritraeva Roland Mittersteiner impegnato sul pilastro terminale; dalla relazione sembrava fattibile. Nel 2007 ho chiamo Adam Holzeknecht (compagno di Roland in un’impressionante prima ripetizione in 8 ore) per avere informazioni su una possibile invernale, ancora inconsapevole di cosa mi aspettasse. Nel 2009 la ripetizione estiva; contemporaneamente ho conosciuto Nicola. Destino vuole che anche lui pensasse già a Kein Rest come espressione massima di un viaggio invernale in Dolomiti, e che scalando con Adam si fosse informato sulla via. Incredibile no? Così nel 2010 volevamo provare la via, ma, dopo avere attrezzato lo zoccolo, non è mai arrivata una finestra prolungata di alta pressione e abbiamo “dirottato” all’ultimo momento su Capitan. Quest’anno, finalmente, era tutto favorevole: la testa, la forma e le condizioni… e ovviamente abbiamo provato!

Perché la scelta di una cordata a tre?
Nicola Tondini: E’ stato Ale ad insistere sulla cordata a 3. In inverno tre è il numero perfetto; compagnia, condivisione della tensione e degli sforzi. Anche se non c’è l’acqua da portare, i sacconi sono molto più pesanti, e il lavoro di squadra è fondamentale! Enrico si è aggiunto all’ultimo ma ha fatto la differenza. Abbiamo adattato le tecniche di recupero da Big Wall, provate in Yosemite, alle Dolomiti ed è andata benissimo! Il primo arrampicava, il secondo lo raggiungeva velocemente per poterlo fare ripartire. Il terzo, bardato di saccone, con calma risaliva la statica posizionata dai compagni… semplice, a parte qualche lungo pendolo nel vuoto da far rizzare i capelli!

So che avete dormito solo poche ore prima di andare all’attacco e i bivacchi come sono andati?
Enrico Geremia:: La prima sera al bivacco invernale del Coldai abbiamo dormito forse un’ora e mezza, dato che tutti e tre abbiamo finito di lavorare tardi e siamo partiti dopo gli usuali preparativi fatti all’ultimo momento. Tutte le giornate sono state molto lunghe ma il primo giorno è stato senza dubbio il più duro per il sonno arretrato. (1° giorno dalle 3,15 alle 23,30; 2° giorno dalle 5,15 alle 23,00; 3° dalle 4,20 alle 22,30 ora di arrivo al rifugio). A prima vista, entrambi i bivacchi sembravano scomodissimi, invece non si sono rivelati così male: il primo, essendo su una cengia inclinata non ci permetteva di scavare dei ripiani orizzontali e così abbiamo ricavato delle poltrone; il secondo strettissimo ma piano, quasi un loculo. In entrambe le occasioni siamo arrivati al bivacco che era da poco iniziato a fare buio… degli orologi svizzeri!

La salita in 2 giorni e mezzo e poi 1200 metri di doppie, perché non scendere dal versante più comodo?
Alessandro Baù: Gli scarponi e i ramponi occupano troppo volume e sono pesanti; avevamo tutti e tre il 42 e così ne abbiamo portato solo un paio per il primo di cordata, lasciando gli altri alla fine dello zoccolo; dovevamo tornare a prenderli!
Nicola Tondini: Col materiale eravamo al completo, non ci sarebbe stato uno spillo in più. Abbiamo brontolato per non avere dietro gli scarponi: non era piacevole avere solo dei calzettoni sopra le scarpette sulle numerose soste con la neve e nei bivacchi! A fine giornata erano bagnati per bene e dovevamo asciugarli col nostro calore dentro il sacco a pelo.
Enrico Geremia: L’idea nata per risparmiare peso è risultata valida anche dal punto di vista della sicurezza. Probabilmente scendere alle 2 del pomeriggio dal versante est sarebbe stato rischioso a causa del rialzo termico! E poi Ale e Nic conoscevano bene la discesa dalla cengia del Miracolo.

Cosa dà più soddisfazione: la cima o rimettere i piedi negli scarponi quando scendi?
Nicola Tondini: Quando tiri giù la corda dall’ultima doppia. E’ il primo momento di relax e in cui ti rendi conto di avercela fatta.
Enrico Geremia: La cima è sicuramente la soddisfazione più grande, anche se rimani poco tempo a godertela perché le difficoltà non sono ancora finite. Comunque anche togliersi le scarpette che stai calzando da due giorni su neve, ghiaccio e roccia e infilare un paio di scarponi gelidi che ti aspettano alla base della parete è stato magnifico.
Alessandro Baù: Staccare il discensore dall’ultima doppia, è stato super!

Nicola, hai fatto tante prime invernali in giornata, cosa significa stare in parete più giorni?
Per è me stato un bel salto mentale. Seppur azzardate, le altre prime invernali in giornata avevano meno problemi logistici: sapevo di dover dare tutto, ma ero leggero nel bene e nel male. A me piace essere veloce sulle vie; avevo paura di soffrire la lentezza che comporta muoversi con tanto carico ma, con la tecnica adottata, dal secondo giorno in poi mi sono trovato bene.

E tu Alessandro, dopo tanti bivacchi d’estate, che ci dici di questi due invernali?
Che non si finisce mai di sciogliere neve per bere e mangiare! Ero nel mezzo e quindi facevo da cuoco ed entrambe le sere il Jetboil andava per delle ore; crollavo dal sonno e intanto Nic e il Balotin dormivano, accidenti!… però mi son mangiato anche un po’ della loro zuppa!

Enrico, per te è la prima invernale sulla Nord Ovest, avevi già fatto esperienze così forti?
Avevo già fatto qualche esperienza in invernale, viette semplici con esposizioni vantaggiose, ma risalgono ai primi anni di arrampicata. Esperienze che non le dimenticherò mai. La Nord-Ovest mi ha sempre affascinato e allo stesso tempo intimorito, soprattutto quando la guardavo in inverno; avevo il timore di non essere all’altezza per affrontare tali difficoltà. Invece tutto è andato alla grande. Cimentarmi in questa invernale in Nord-Ovest è stato sicuramente il coronamento di un sogno che covavo da molto tempo. Essere in mezzo a quella parete, godere dei tramonti sulla Marmolada, aver condiviso e superato le difficoltà con due amici come Ale e Nicola mi riempie di gioia e soddisfazione. Grazie per la magnifica compagnia.

Momenti difficili…
Nicola Tondini: alla fine del primo giorno. Speravamo di arrivare a metà pomeriggio alla fine del 10° tiro dove ipotizzavamo di poter bivaccare, così da poter fissare i successivi 2-3 tiri. Invece, ci siamo arrivati all’imbrunire perdendo tanto tempo sui tratti più facili pieni di neve ghiacciata. Organizzare il primo bivacco è stato un bel problema: tra me e me, pensavo “se va avanti così non finiamo più”.

Più dura l’invernale di Capitan Sky-hook o Kein Rest?
Alessandro Baù e Nicola Tondini: Due esperienze stupende, diverse tra loro. Le 28 ore non stop di Capitan ci avevano assorbito ogni energia; salire e scendere slegati di notte lo zoccolo è un’esperienza che ricorderemo a lungo. Su Kein Rest la logistica e le difficoltà complessive sono più impegnative ma, diluendo gli sforzi in più giorni con altri 2 compagni, alla fine avevamo ancora un po’ di birra e il rientro è stato meno un calvario.

Questa invernale che spunti vi ha dato, ne avete in programma altre?
Alessandro Baù: in questa salita mi sono messo nuovamente in gioco ed ho fatto tante piccole scoperte che porterò nel saccone per le prossime avventure. Ora ho solo voglia di divertirmi in estate, magari per ricaricare le batterie per il prossimo inverno!
Nicola Tondini: Mi piacerebbe pensare ad un viaggio in parete d’inverno di più giorni, magari un concatenamento… dove? Si vedrà. Qualcosa frulla nella mente.
Enrico Geremia: Per il momento l’unico spunto che mi ha dato è una bella invernale alle terme :). Probabilmente con l’avvicinarsi del prossima stagione invernale tornerà la voglia di cimentarsi in imprese simili. Ora mi godo l’estate!

Nicola Tondini ringrazia: Marmot per l’abbigliamento tecnico, Ferrino per sacchi a pelo e zaini, Edelrid per materiale tecnico, Wild Climb per le scarpe di arrampicata, Keyland per gli scarponi, Turnoversport.

Alessandro Bau’ ringrazia: Camp per il materiale tecnico, Scarpa per le scarpe di arrampicata, Kiwisport


Per approfondimenti e altre foto: www.xmountainblog.blogspot.it

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Il racconto di Paolo Michielini dell’apertura, in solitaria, di due vie nel gruppo del Monte Pelmo (Dolomiti), la via Bonafede – Giustina e la via Nino Rizzardini.

Settembre 2008 – Torre Nino Rizzardini – parete sud.
I colori autunnali mi hanno sempre affascinato, soprattutto quelli che si trovano in montagna e negli acquerelli del “Nino”… dove sono riuscito a riprovare le stesse emozioni. E’ arrivato settembre e lei si svuota nuovamente, come ogni anno, dei pigmenti artificiali degli zaini e delle giacche in Gore-tex per lasciare spazio a quelli naturali della natura, fatta di larici e faggi ingialliti, di brina mattutina che ricopre i prati ancora verdi. Così salgo ancora una volta quassù, dove il “Nino” mi ha descritto tante volte la traccia dei camosci che supera la barriera di mughi sopra la Val de Cuna. Raggiungo la base dello spallone sud, risalgo il ghiaione e attraverso verso destra, lì dove iniziano le rocce, alla base di un profondo camino strapiombante. La mia idea è di salire per il diedro di destra, appena a sinistra del regolare spigolo che delimita la torre dal versante est. Sono ormai alto da quella che è la base dello spallone sud e la Dambra si vede già, con il suo immenso strapiombo giallo, stesso strapiombo che ho salito parecchi anni prima con Mirco Gazzola lungo la via Ferrazzuto.

Mi preparo, sistemo la sosta con un paio di chiodi e parto. Arrivo al diedro verticale, qualche friend, arrivo sotto allo strapiombo che lo chiude e attraverso a destra fino ad una piccola cengia. Salgo verso destra a prendere una serie di placche leggermente appoggiate, sempre sulla verticale della cima fino al diedro finale che mi fa sbucare proprio sulla cima della torre: di fronte a me la Pala Sud con la via Rizzardini – Pozzobon che già ho salito in solitaria nel ‘95. Le difficoltà, a parte il diedro iniziale di sesto inferiore, non superano il quinto e l’arrampicata è proprio divertente. Per un attimo mi vengono in mente i consigli del “Nino” e il rimpianto di non essere mai stato legato alla sua corda di canapa che ora rimane appesa nel suo tabià di Coi in Val di Zoldo… Grazie Nino, e questa piccola torre voglio ricordarla con il tuo nome.

2 Novembre 2011 – Torre Bonafede – Giustina, parete sud.
… solito avvicinamento, solito diedro grigio verticale e invece di volgere a destra verso la torre “Nino Rizzardini”, continuo per il camino di terzo e quarto grado con passo di quinto che mi porta ad una grande terrazza detritica, da quassù la Torre dei Bellunesi con il suo salto giallo e strapiombante finale fa veramente impressione. Il mio obiettivo invece è la piccola torre gialla appena sotto. Qui, la parete della torre è incisa al suo centro da una fessura verticale: sistemo la sosta, lego un capo della corda, metto il Grigri come auto-assicura e salgo tra le pance strapiombanti appena a destra della spaccatura. Forse sesto grado, e per entrare passo sul lato sinistro della fessura, quinto grado e, cercando i punti deboli, dopo una cinquantina di metri arrivo sulla cima, con difficoltà decrescenti dal quinto al terzo grado… Sono quassù e guardo la Dambra lì in basso che appare come un sentinella a guardia di questa roccaforte. Rocce che tanto danno a chi le scala ma anche a chi le contempla dal fondovalle, memorie che cerchiamo di lasciare a chi passerà dopo di noi, magari inseguendo i medesimi sogni o solo per non dimenticare chi lassù continua a vivere nei nostri cuori.

TORRE BONAFEDE-GIUSTINA (toponimo proposto) – non quotata
Via Bonafede-Giustina
Apritore: Paolo Michielini il 02/11/2011
Lunghezza: 240 mt.
Difficoltà: Dal 4° al 6, roccia buona
Esposizione: Sud
Materiale: Sono rimaste attrezzate solo le soste con chiodi normali.
Discesa: in doppie attrezzate

TORRE NINO RIZZARDINI (toponimo proposto) – non quotata
Via Nino Rizzardini
Apritore:
Paolo Michielini nell’ Agosto 2009
Lunghezza: 200 mt.
Difficoltà: Dal 4° al 6- roccia buona
Esposizione: Sud
Materiale: Sono rimaste attrezzate solo le soste con chiodi normali.
Discesa: in doppie attrezzate
Note: I primi tre tiri sono in comune con la via delle Torre Bonafede-Giustina.

Le vie sono state aperte in solitaria auto-assicurato, usando chiodi normali e friends. A metà dell’ultimo tiro della torre Bonafede-Giustina si trova un dado incastrato di passaggio e la sosta poco sotto la cima. Le torri, a quanto ne sò io, non sono mai state salite e come propongo di dedicarle una ad un mio carissimo amico scomparso nel 2005, il pittore Nino Rizzardini e cresciuto nella frazione di Coi in Val di Zoldo ai piedi del Pelmo, e l’altra ai due soccorritori di San Vito di Cadore, Alberto Bonafede e Aldo Giustina. Sono due torri ben visibili sia salendo dal paese di Coi in Val di Zoldo, sia dal versante di Zoppè di Cadore salendo al Rifugio Venezia.

Paolo Michelini

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Enzo Oddo, 3 x 9a in una settimana

August 24, 2019 | News | No Comments

In una settimana Enzo Oddo ha salito tre vie di 9a, PPP e Promotion Canne à pêche nel Verdon e Kick-Ass nelle Gorges du Loup.

Il francese Enzo Oddo si è regalato una settimana da incorniciare salendo tre vie di 9a in tre falesie diverse. Tutto è iniziatovenerdìdella scorsa settimana con la salita diKick-Ass a Déversé Satanique nelle Gorges du Loup, poi venerdì della scorsa settimana è toccato a PPP nella Grotte Les Galetas sullaRive Gauche nel Verdon mentre il giorno prima era stata la volta di Canne à Pêche nella falesia La Ramirole, semprenelle Gorges du Verdon.

Molto interessante il commento di Oddo per quanto riguarda proprio quest’ultima via: "In futuro saràprobabilmente uno dei primi 9a ad essere saliti a-vista. La continuità e fluidità, l’arrampicata senza trucchi conla sezione chiave subito dopo un riposo la rendono molto fattibile a-vista, se è in buone condizioni."

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Bloccati Nella Nebbia 2012-2013 al via

August 23, 2019 | News | No Comments

1 novembre 2012, NissanSkipass – Modena: inizia la nuova edizione di Bloccati Nella Nebbia con grandi novità!

Torna novembre e con lui torna l’ora solare e torna… la nebbia. E con le prime nebbie torna anche il Circuito di raduni boulder più grande e frequentato d’Italia: Bloccati Nella Nebbia. Questa sesta edizione segna però un punto di svolta, un salto di qualità a livello organizzativo e di offerta senza precedenti. Vediamo le novità principali e i numeri della nuova edizione:
– 21 palestre coinvolte;
– 28 eventi tra tappe e le nuove "tappette";
– 3 gironi;
– sistema di gestione utenti ed eventi centralizzato e online;
– supporto e campagna informativa con Climb For Life.

Le palestre coinvolte
Il numero delle palestre coinvolte che passa dalle 10 delle ultime due edizioni a ben 21 (distribuite sul territorio di 6 regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Toscana e Veneto) che daranno vita a 28 eventi. Ci saranno Arco Climbing (Arco – TN), Boulder City (Pietramurata – TN), Centro di Gravità Permanente (Rovereto – TN), Equilibrium (Portile – MO), Geko (Modena), King Rock (Verona), Macaco (Piacenza), My Wall (Mantova), Nuovo Campo Base (Brugherio – MB), Pareti Sport Center (Parma), Passaggio Obbligato (Milano), Palestra dei Ragni (Lecco), Roc Palace (Brescia), Rock Time (Pistoia), Rockspot (Milano), Runout (Biella), Salewa Cube (Bolzano), Stone Temple (Parma), Tonga (Mandrio – RE), Vert Climb (Gessate – MI) e Way Out (Milano).

I Gironi
Con questi numeri si è reso indispensabile la creazione di tre gironi: Centrale, Nordovest e Nord.
I tre gironi hanno in comune la tappa iniziale di Equilibrium@NissanSkipass (Modena 1/11/2012) e quella finale al King Rock (Verona 10/3/2013); inoltre il girone Centrale ha in comune due tappe con il girone Nordovest e due con il girone Nord.
Ogni Girone è composto da Tappe e Tappette, ha una sua classifica generale, premi di tappa e premi finali.
Al termine della tappa finale è prevista una superfinale tra i primi classificati di ciascun girone per definire il vincitore dell’edizione 2012-2013 del Circuito.
Chiunque potrà partecipare a qualsiasi tappa di qualunque girone; basta partecipare a una tappa che si entra nella classifica del girone corrispondente.

Tappe e tappette
Da questa edizione Bloccati Nella Nebbia proporrà due tipologie di evento: le tappe e le tappette.
Le tappe sono gli appuntamenti “classici”, i raduni principali che si svolgono durante i fine settimana e sono organizzati per accogliere il massimo numero di partecipanti possibili.
Le tappette sono eventi secondari e locali che hanno tutte le caratteristiche principali dei raduni Bloccati Nella Chiunque può partecipare alle tappette di qualsiasi zona e Girone.

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Il nuovo portale BNN
Vista la complessità di questa nuova edizione è stato necessario studiare un sito completamente nuovo in grado di gestire gli utenti e le loro scorecard, fare da centro informativo, raccogliere le gallery e, cosa più importante (e difficile), consentire la gestione tecnico-logistica online degli eventi, dalla raccolta preiscrizioni alla gestione delle classifiche per le singole tappe e per ciascuno dei tre gironi. Simone Bernini e Aperture Labs di Reggio Emilia hanno accettato la sfida realizzando in tempo record un vero e proprio portale che sarà un punto cardinale nella gestione di campionati a struttura complessa. È quindi necessario che tutti i partecipanti si registrino al sito (da casa o direttamente a ciascuna tappa).

Climb For Life
Climb For Life è un nome che, nel mondo dell’arrampicata, ormai tutti conosciamo bene. Se però chiediamo di cosa si occupa e, a quelli che lo sanno, cosa significa donare midollo osseo la situazione è un po’ differente. Si è quindi pensato, anche in vista di un’importantissima iniziativa che ADMO Lombardia e Climb For Life stanno organizzando in occasione del Melloblocco 2013 (vi terremo informati!), di pensare a una campagna informativa intensa e presente in tutti i canali comunicativi e in tutte le tappe del Circuito: dai manifesti alle magliette ufficiali, dal sito a… boulder Climb For Life che ogni palestra del Circuito terrà montati per tutta la durata dello stesso (a questo proposito ringraziamo Alessandro Angelini della Smog per aver progettato, realizzato e donato le prese "Climb For Life").

Bloccati Nella Nebbia e FASI
Va segnalato anche l’accordo che il Circuito ha raggiunto con la FASI (provincia di Milano e regione Lombardia): un passo importante per riavvicinare la Federazione nazionale alla base dei praticanti di questo sport. Il tutto nell’ottica di promuovere l’arrampicata attraverso il "motivo" per cui la si pratica: il divertimento!

Un ringraziamento particolare agli Sponsor del circuito: Wild Climb, E9, Camp-Cassin, La Sportiva, Smog, il Risuolatore, Mule Bar, Moon, NST, Versante Sud e Monvic.

Come sempre l’obiettivo del Circuito è uno soltanto: fare in modo che vi divertiate il più possibile! Non resta quindi che registrarsi al sito www.bloccatinellanebbia.org e scaldare le bielle: il 1° novembre è fra tre giorni!

Link utili:
Sito ufficiale: www.bloccatinellanebbia.org
Programma ufficiale (PDF)
Calendario ufficiale (PDF)
Iscrizione alla prima tappa: http://www.equilibriumarrampicata.it
Pagina Facebook ufficiale: https://www.facebook.com/pages/Bloccati-Nella-Nebbia
Accordo BNN-FASI: http://bloccatinellanebbia.org/uploads/ftp/AccordoFASI-Bloccati.pdf

Il video del futuro 9b del nuovo progetto di Adam Ondra che nella grotta di Flatanger in Norvegia ha salito due altri 8c+ a vista aggiungendo anche la salita di un nuovo 9a+

L’ennesimo 8c+ a vista per Adam Ondra. Secondo alcune fonti il fenomeno della Repubblica ceca ha ormai raggiunto e superato la doppia cifra, ovvero il 19enne è già a quota undici 8c+ on-sight con, in ordine di tempo, Eye of Odin (liberato da Ethan Pringle pochi giorni prima) e Nordic Flower (ex 9a ora 8c+ di Jorg Verhoeven) nella grotta di Flatanger in Norvegia.

E’ chiaro che per Ondra l’8c+ a vista e il 9a lavorato è diventato uno standard, tanto che alcuni sembrano quasi non considerarli più come una notizia. Ma finché gli altri non riescono ad uguagliare queste performance (Patxi Usuobiaga e Ramon Julien Puigblanque esclusi, essendo gli unici ad aver fatto un 8c+ a vista), l’8c+ on-sight rimane ancora un risultato di livello mondiale.

Parlando di performance mondiale, c’è da segnalare anche la prima libera di Ondra su Thor’s Hammer, i primi 2/3 (leggi due dei tre tiri saliti in continuità) del mega progetto di Magnus Midtboe. Stiamo parlando di altri 55m e di un altro 9a+ per Adam Ondra. Ma per questa difficoltà sul lavorato (cioè per le vie da 9a e 9a+ centrate con più di un tentativo), francamente, non siamo in grado di tenere il conto dei goal di Ondra!

In questo video invece Adam prova un nuovo progetto spittato da lui stesso con due giorni di lavoro. Un probabile 9b e “uno dei più duri al mondo. Forse il più duro.” Staremo a vedere.

– Magnus Midtbö e la falesia di Hanshellern a Flatanger in Norvegia

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Red Bull X-Alps 2013: Peter Gebhard quinto

August 23, 2019 | News | No Comments

L’altoatesino Peter Gebhard si classifica al quinto posto nel Red Bull X-Alps 2013.

Touchdown perfetto per il altoatesino Peter Gebhard che ieri sera si è piazzato quinto nel Red Bull X-Alps 2013, a poche ore dall’inglese Jon Chambers e dai due francesi Antoine Girard e Clement Latour, 4°, 3° e 2° rispettivamente, e quasi tre giorni dopo il vincitore Christian Maurer. Il 28enne della Val Gardena ricorderà sicuramente questa sua prima partecipazione, anche per il gran tocco di classe con cui è atterrato sulla zattera dell’arrivo!

Il Red Bull X-Alps si è trasformato oggi in un’impresa quasi sovraumana per gli atleti che si avvicinano a Monaco. Dopo tanta strada, l’ultima tappa di Peille, si rivela, infatti, simile a una tortura per i partecipanti che si trovano ad affrontare l’ultimo tratto di percorso.

“Non ci sono strategie di gara, nella parte finale ci sono montagne ovunque”, dice Jon Chambers (GBR), giunto martedì quarto al traguardo. Il britannico ha percorso i restanti 12 km di corsa in solo due ore e mezza.

“Non si tratta di montagne alte, ma è il dislivello ad essere davvero impegnativo. No è per nulla semplice, quasi un incubo, non appena giunti a valle si perde completamente l’orientamento”, continua l’inglese, “Come un labirinto, tanti sentieri, facile perdersi”.

Gli atleti Ferdinand Van Schelven (NED), Martin Müller (SUI2) e il campione mondiale di parapendio Aaron Durogati (ITA1) hanno affrontato questo pomeriggio il tanto temuto ultimo tratto di percorso, con l’obiettivo di raggiungere il traguardo entro sera.

Van Schelven è l’unico dei tre che non ha ancora utilizzato il Night Pass. Questo significa che se gli altri due partecipanti non dovessero arrivare entro le 22.30 di questa sera, prima dello stop obbligatorio, l’olandese conquisterebbe di certo il sesto posto.

Gli altri partecipanti che utilizzeranno il Pass questa notte sono Andy Frötscher (ITA3), Max Mittmann (GER3) e Michal Krysta (CZE) che si trovano tra 250 km e 350 km da Monaco.

Le previsioni meteo di Wetter.tv non favoriscono il volo, ciò preannuncia una dura lotta e tanta fatica per gli atleti intenzionati a raggiungere Monaco entro il cut-off di Venerdì alle ore 12.00.

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NEWS RED BULL X-ALPS 2013

Seguite la gara su: www.redbullxalps.com, facebook e twitter.

Il 25/04/2013 Giacomo Casiraghi, Francesco Forni, Mario Vannuccini hanno effettuato la prima salita di Goulotte Lele (250m, III/WI2+R, M3/M4) sulla parete nord di Punta Rosatello Bertolini 2588m nell’area del Pizzo di Coca – Val d’Arigna – Orobie Valtellinesi.

Prosegue da parte di Mario Vannuccini ed amici l’esplorazione sciistica e alpinistica dell’alta Val d’Arigna, nelle Orobie Valtellinesi. Il 25 aprile 2013 Giacomo Casiraghi e Francesco Forni, entrambi frequentanti i corsi per aspirante guida alpina, insieme a Mario Vannuccini, guida alpina, hanno compiuto la prima salita della "Goulotte Lele" sul versante settentrionale della Punta Rosatello Bertolini 2588 m, nell’area del Pizzo di Coca – Val d’Arigna – Orobie Valtellinesi.

Lasciata l’auto alla centrale di Armisa 1044 m i tre hanno percorso la stradetta della Val d’Arigna fino a Prataccio 1458 metri proseguendo verso il Bivacco Resnati. A una quota di 1700 metri gli alpinisti hanno piegato a sinistra imboccando il canalone che si innalza verso il Passo di Val Sena 2594 m, che da quanto si apprende dalla Guida Monti d’Italia "Alpi Orobie" del 1957 non possiede uno sbocco escursionistico, difeso com’è da una compatta barriera rocciosa. Proprio lungo questa remota fascia rocciosa esposta a nord, che dal Passo di Val Sena si snoda verso la Punta Rosatello Bertolini, durante il periodo primaverile si formano numerose goulotte parallele, all’apparenza difficili e chiuse in alto da imponenti cornici strapiombanti.

La "Goulotte Lele" è la prima di queste linee che s’incontrano sulla destra risalendo il canalone di Val Sena. Per raggiungerne la base (coord. 32T 577968 E, 5104082 N), posta a una quota di 2150 metri circa, sono occorse circa 3 ore di avvicinamento. Durante la salita, tratti di perfetto "ghiaccio da goulotte" si sono alternati a passaggi con ghiaccio e neve inconsistenti e brevi movimenti su roccia levigata. Le difficoltà complessive di queste 5 lunghezze di corda sono state così riassunte: III/WI2+R, M3/M4.

I 250 metri di questa delicata linea di ghiaccio e misto sono stati dedicati alla guida alpina Emanuele "Lele" Gianera, recentemente scomparsa.

SCHEDA: Goulotte Lele, Punta Rosatello Bertolini, Orobie Valtellinesi

Mario Vannuccini, guida alpina di Sondrio, è l’autore della nuovissima guida di alpinismo "4000 delle Alpi, vie normali." 272 pagine, 54 vie normali, 65 vette da raggiungere, 116 fotografie a colori. Hanno contribuito ad accrescere il valore della pubblicazione, mettendo a disposizione le proprie fotografie, gli alpinisti Fabio Bonomi, Tita e Cece Bonomi, Franz Rota Nodari, Aldo Bonazzi, Giovanni Rovedatti, Giovanni Malinverni, Luca Vezzoni, Roberto Maruzzo e Marzia Fioroni. La pubblicazione è disponibile nelle migliori librerie e negozi di montagna o direttamente online da VEL, La Libreria del Viaggiatore, al prezzo di 28 euro.

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Il 27/12/2012 David Lama e Peter Ortner hanno aperto la via Sprindrift (600m, VIII-, M6, WI VI, A1) sulla parete nord del Laserz, Dolomiti di Lienz, Austria.

Pochi giorni dopo l’inizio del calendario invernale sono subito protagonisti gli alpinisti austriaci David Lama e Peter Ortner che hanno registrato una difficile prima salita sulla parete nord del Laserz nelle Dolomiti di Lienz. I due hanno seguito una linea che avevano già tentato lo scorso inverno e che sale una serie di fessure e diedri nel centro della parete (più o meno tra le vie di Egger-Maier e Die Vergessene). Mentre in estate queste fessure e camini tendono ad essere bagnati, in inverno formano un terreo “eccezionale, una linea esigente ed eccitante” secondo Lama.

Dopo aver controllato per bene le previsioni meteo, il 26 dicembre i due hanno raggiunto la Dolomitenhütte, il rifugio che si trova a circa 1,5 ore dalla cima Laserz, per trascorre la notte. Partiti presto la mattina successiva hanno raggiunto la base della parete nord alle 6:00 e poi hanno arrampicato continuamente, superando la parete alta 600m, e rientrando al rifugio alle 9 di sera, dopo essersi calati lungo la parete ovest. Le difficoltà maggiori sono concentrate nella parte inferiore della via, in particolare il quarto tiro, quello chiave, con la fessura strapiombante di 5m su roccia friabile. Nella parte alta il misto ha garantito un terreno decisamente più facile, l’arrampicata è rimasta “impegnativa e sempre piccante.”

“Abbiamo chiamato la nostra via Spindrift”, Lama ci ha spiegato, “per ovvi motivi! Le condizioni erano abbastanza buone così come il ghiaccio per piantare le picche, anche se posizionare delle soste ottimali non è stato facile. Durante il nostro primo tentativo l’inverno scorso siamo stati costretti a tornare indietro dopo i primi quattro tiri perché non avevamo con noi abbastanza materiale. Questa volta quindi abbiamo portato due set di friends e questo ha fatto la differenza, sono riuscito a trovare il coraggio per continuare a salire. “Nessuno spit è stato pianato e sulla via sono rimasti soltanto una manciata di chiodi normali e 2 dadi”.

“L’esperienza è stata fantastica”, ha concluso Lama “eravamo più o meno al nostro limite e dovevamo essere veloci perchè in inverno le giornate sono davvero corte, quindi ci sono poche foto, la macchina è rimasta nello zaino per la maggior parte del tempo. È stato bello sentirsi al limite, anche qui nelle Alpi, e trovare una linea che nessun altro aveva salito prima, proprio qui nelle montagne di casa.”

Lama partirà a breve per la Patagonia, questa volta non sarà accompagnato da Ortner con il quale l’anno scorso aveva liberato la Via del Compressore sul Cerro Torre, ma insieme allo svizzero Dani Arnold.

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Nuove vie invernali sul Pizzo del Becco

August 23, 2019 | News | No Comments

L’ 8 e il 9 dicembre 2012 durante il primo raduno B.A.L. (Bocia Alpinisti Lombardi) sono state aperte tre nuove vie sulla parete nord dello Spallone Pizzo del Becco (Orobie, Alta Val Brembana, BG); Fò di B.A.L (250m, III – WI 2 – M5), Beccati questa Goulotte (250m, II – WI 2 – M4) e Bo (250m, II – WI 2 – M4).

Tito Arosio e Saro Costa ne hanno combinata una delle loro. Non si tratta di una nuova salita, di una prima invernale o di raccontare la loro avventura su Divine Providence al Gran Pilier d’Angle, questa volta l’hanno fatta grossa, grossissima. Se le istituzioni e le associazioni non pensano alla promozione dell’alpinismo tra i giovani, sono i giovani che si autogestiscono ed autopromuovono. Non servono budget di alcun tipo e montagne in capo al mondo, serve solo tanta passione e voglia di mettersi in gioco … e le montagne? Quelle le abbiamo dietro casa ed anche lì tanti complimenti a questi bocia, che senza andare al Ben Nevis, hanno trovato un bel terreno di gioco dove ripetere linee antiche, moderne e crearne di nuove. Ecco il racconto di Arosio e Costa, per saperne di più consigiliamo vertical-orme.blogspot.it e vertical-orme.blogspot.it/pizzo-del-becco-in-veste-invernale

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B.A.L. – BOCIA ALPINISTI LOMBARDI – DISPACCIO 1.0
di Tito Arosio

L’8 e 9 dicembre 2012, in un angolo sperduto delle montagne lombarde una quindicina di giovani (bocia) si sono dati appuntamento per arrampicare insieme, persone che prima non si erano mai viste, e che difficilmente si sarebbero conosciute; si sono ritrovate sapendo di avere tutti una passione in comune: l’Alpinismo. L’idea di organizzare un raduno tra giovani alpinisti è venuta a Saro e a me durante una chiacchierata, prendendo coscienza del numero esiguo di giovani alpinisti: perché non metterli in contatto tra loro? Non sono bastate temperature di -10°, raffiche di vento che ti buttavano a terra, spindrift in tutte le direzioni per togliere la voglia di arrampicare ad uno sparuto gruppo di giovani alpinisti che, nel weekend dell’Immacolata, si sono ritrovati alle pendici del Pizzo del Becco (Orobie, alta val Brembana – BG). Il primo raduno dei BAL (Bocia Alpinisti Lombardi) è avvenuto in condizioni meteorologiche non esattamente ottimali ma questo è stato un dettaglio, la passione per la montagna ha prevalso sul freddo ed il vento. L’obbiettivo era avere la possibilità di arrampicare con nuovi compagni di cordata, e quale cosa migliore se non testare la tenuta della cordata con una serie di spindrift a raffica? 6 cordate per un totale di 13 alpinisti, con un età media di circa 22 anni, di 4 provincie differenti (Milano, Lecco, Bergamo e Brescia), si sono avventurate sulle vie del Pizzo del Becco e Spallone del Becco, con la compagnia di 3 esponenti del gruppo alpinistico femminile catalano. Nel complesso le vie ripetute sono state: la Agazzi + Couloir dello zocolo sul Pizzo del Becco, la Super Mario sullo Spallone del Becco, la Becche al Becco con una variante Sullo spallone del Becco e l’apertura di due nuove vie sullo Spallone del Becco.

PRIMO RADUNO B.A.L. di Saro Costa
B.A.L. sta per bocia alpinisti lombardi. Bocia ha un significato molto importante perché evidenzia il fatto che siamo giovani, un ritrovo di giovani organizzato da giovani per i giovani. Bene, dopo alcune settimane passate ad organizzare tutto (mica facile pensare al necessario per una quindicina di persone!) ci troviamo sotto una gran nevicata a risalire la condotta di Carona! Voglio subito ringraziare i guardiani della diga che ci hanno gentilmente offerto un ottimo “campo base” senza il quale il raduno sarebbe stato davvero duro…
La minestra già ribolle nel pentolone e il “gruppo” inizia a prendere vita. L’idea per il giorno seguente è di creare cordate di estranei in modo che le conoscenze avvengano direttamente sul campo. Il Vallone di Sardegnana con il Pizzo del Becco e lo Spallone del Becco offrono tante vie di misto di media difficoltà e lunghezza dove giocare, l’ambiente e lo stile delle salite è decisamente alpinistico. Il gruppo parte e dopo un duro lavoro di battitura neve, inizia a distribuirsi sulle pareti e incominciano le “esperienze”. Alcuni ribattono subito, alcuni tentano, alcuni non mollano, alcuni si uniscono, alcuni arrivano in cima, alcuni aprono nuove linee poi, chi prima chi dopo, tutti tornano al campo base. E’ forse adesso, sorseggiando tè e sgranocchiando biscotti, il momento interessante, il momento in cui si ascoltano i racconti, i pareri e le critiche. Ognuno dice la sua (lo scopo del raduno sta avendo luogo), c’è chi torna a casa, chi si ferma per una porzione di ravioli e vino e poi scende, chi si trattiene e chi non vede l’ora di scalare ancora. La giornata è stata dura, il freddo e il vento tempestoso non hanno aiutato, le condizioni obbligavano ad una scalata non facile e spesso precaria ma ci siamo divertiti, è stata un’ottima giornata. Siamo riusciti a fare alpinismo. La seconda mattina siamo solo in cinque a lasciare il campo, risaliamo nuovamente verso le pareti e attacchiamo due linee nuove, anche oggi non ci conosciamo del tutto e ad ogni sosta la cordata prende sempre più forma. Torniamo giù, è ora di lasciare questo bellissimo posto. Passiamo per un caffè corretto dai guardiani, carichiamo i sacconi e via, chi con la frontale chi senza… E’ stata un’esperienza umana dove persone simili (ma tutte diverse), accomunate dalla stessa passione, si sono ritrovate per fare quello che più li piace, per fare quello che vogliono. Per goderci a fondo la situazione e la nostra libertà decidiamo di continuare e il giorno seguente andiamo a Cornalba ad arrampicare!

Per leggere tutti i racconti dei partecipanti vai su vertical-orme

Per l’organizzazione del raduno si ringraziano i guardiani della diga di Sardegnana per la disponibilità e la calda l’accoglienza e la “Grande Grimpe” per caldi berretti offerti e subito testati.

SPALLONE PIZZO DEL BECCO
Via: “Fò di B.A.L.”
Primi salitori: Giulia Venturelli, Maurizio Tasca, Saro Costa, Alessandro Monaci, Paolo Grisa – 8 Dicembre 2012
Difficoltà: III – WI 2 – M5+
Dislivello: 250m
Materiale: in posto non è stato lasciato nulla, servono due mezze corde da 60 m, serie di friend Camalot fino al 4, una serie di dadi, rinvii e cordini, qualche chiodo da roccia.
Note: possibili due varianti di attacco (vedi foto), la via si collega con gli ultimi due tiri di Becche al Becco.

Via: “Beccati questa Goulotte”

Primi salitori: Saro Costa, Francesco Rigosa, Michele Tapparello – 9 Dicembre 2012
Difficoltà: II – WI 2 – M4
Dislivello: 250m
Materiale: in posto non è stato lasciato nulla, servono due mezze corde da 60 m, serie di friend Camalot fino al 4, una serie di dadi, rinvii e cordini, qualche chiodo da roccia.
Note: la via si collega con gli ultimi due tiri di Super Mario (possibile anche scendere in doppia da quest’ultima).

Via: “Bo”
Primi salitori: Tito Arosio, Giulia Venturelli – 9 Dicembre 2012
Difficoltà: II – WI 2 – M4
Dislivello: 250 m
Materiale: in posto non è stato lasciato nulla, servono due mezze corde da 60 m, serie di friend Camalot fino al 4, una serie di dadi, rinvii e cordini, qualche chiodo da roccia.
Note: la via si collega con gli ultimi due tiri di Super Mario (possibile anche scendere in doppia da quest’ultima).

Sagwand prima invernale per Auer, Lama e Ortner

August 21, 2019 | News | No Comments

Il 16 e 17 marzo 2013 gli alpinisti austriaci Hansjörg Auer, David Lama e Peter Ortner hanno effettuato la prima invernale della parete Sagwand salendo la via Schiefer Riss aperta da Mathias Rebitsch e Roland Berger nel 1947.

Situata in fondo alla Valsertal nello Zillertal in Austri, la Sagwand è un luogo freddo e selvaggio che anche nella migliore delle estati, per a sua reputazione di roccia brutta e spesso bagnata, convince molti alpinisti a dirigersi verso altri obbiettivi. Non è stato certo così per l’asso austriaco David Lama che nel 2008 assieme all’olandese Jorg Verhoeven aveva aperto Desperation del Northface, una via estiva molto difficile e seria lungo l’evidente pilastro chiamato Sagzahn. Questo enorme “dente” di oltre 800m è stato salito per la prima volta nel 1947 dal leggendario alpinista Hias Rebitsch assieme a Roland Berger lungo un sistema di fessure che taglia in diagonale la parete chiamata Schiefer Riss. Questa “fessura storta” è subito diventata una delle vie più temute del Tirolo, tanto che la prima ripetizione è stata effettuata da Heinz Mariacher e Hans Peter Brandstätter Hölzl nel 1976, quasi trent’anni dopo.

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Sono trascorsi 66 anni da quella prima salita e le ripetizioni sono poche e si contano su una sola mano. A rendere tutto più complicato un’enorme frana, caduta pochi anni fa, ha eliminato un pezzo consistente della via. Pur non essendo più nella sua forma originale, David Lama, attraversandola cinque anni fa insieme a Verhoeven, si è immediatamente reso conto che la parete poteva offrire un terreno ideale per realizzare un’impegnativa salita invernale. "L’arrampicata è davvero impegnativa" ci ha spiegato Lama "bisogna fare i conti con roccia marcia e poche protezioni. Tutte le vie qui sono delle grosse imprese e puoi stare certo d’essere l’unico qui su. Direi che è una delle zone più belle per l’arrampicata invernale nel Tirolo e spesso si trovano condizioni simili a quelle sulle cime sopra Chamonix. "

Negli anni successivi a Desperation del Northface, Lama è tornato nella Valsertal svariate volte fino a portare a termine la sua prima salita, in solitaria nell’aprile 2012, di Badlands sulla parete innominata tra la Sagwand e Hohe Kirche. Proprio in quel momento è ritornata l’idea di salire Schiefer Riss; Lama ha discusso la fattibilità assieme all’abituale compagno di cordata Peter Ortner ed anche all’amico e nativo dell’Ötztal, Hansjörg Auer. Entrambe hanno subito detto sì a questo progetto di una prima invernale in questa valle ingiustamente finita nel dimenticatoio. "Schiefer Riss è la linea più evidente della parete" ci ha spiegato Auer "gradata VI, questa via ha fatto la storia dell’alpinismo, non solo qui in Tirolo. Dovevamo semplicemente andarci!". Ortner ha confermato: "Come alpinista non potevamo dire di no a questa idea di David."

Un prima tentativo è avvenuto l’’11 marzo (senza Ortner a causa di impegni già presi) e pur salendo bene, Auer e Lama, hanno dovuto abbandonare per il buio la salita a circa due terzi della parete, non avendo l’attrezzatura adeguata per un bivacco.

Cinque giorni più tardi Auer e Lama tornano di nuovo all’attacco, questa volta con l’attrezzatura per un bivacco e, soprattutto, insieme a Ortner. Dopo l’avvicinamento con gli sci di 2 ore i tre hanno raggiunto la base della parete alle 9.00 e sono partiti con l’intenzione di raggiungere una piccola cengia a circa metà parete, che avevano notato durante il primo tentativo, per bivaccare comodamente. Le cose sono andate diversamente: "Con le piccozze abbiamo tolto il ghiaccio e la neve dalla piccola cengia e poi ci siamo preparati per quello che è stato probabilmente il bivacco più difficile della nostra vita", racconta Lama. "Quando abbiamo lasciato la macchina alle 7:00 la temperatura era già scesa a -22°C e, anche se avevamo con noi l’attrezzatura da bivacco, purtroppo abbiamo deciso di portare sacchi a pelo leggeri e quindi ci siamo congelati per tutta la notte. Non solo: eravamo anche esposti alla caduta di neve”. Ortner ha spiegato: "Eravamo consapevoli che non c’era assolutamente nessuna chance di dormire, quindi ci siamo seduti uno affianco all’altro ad attendere l’arrivo dell’alba." Ripartiti alle 5:00 della mattina hanno completato la via. La cima è stata raggiunta poco prima di mezzogiorno e poi si sono rapidamente calati per la parete, inizialmente lungo la via di salita, proseguendo poi direttamente giù per la verticale. "Può sembrare sciocco per alcuni", Lama ha sottolineato, "ma per noi raggiungere la cima è sempre molto importante, la consideriamo ancora una parte integrale del gioco."

Un gioco per niente semplice: Lama ha salito da capocordata una prima sezione di tiri tecnici, Auer ha poi superato il tratto di roccia friabile per aprire la strada a Ortner che li ha condotti in vetta. "I miei tiri erano su una parte della salita mai vista, dato che il punto più alto raggiunto dagli altri era un tiro sopra il nostro bivacco" ha spiegato Ortner, aggiungendo "Questo significava che era giunto il momento per me di contribuire a questa salita invernale." Inoltre, Auer ci ha ribadito: "L’arrampicata è sempre stata intensa, solo pochi tiri possono essere considerati facili. L’intera via è stata salita con piccozze e ramponi, le protezioni non erano eccezionali e bisognava evitare qualsiasi caduta. Tutti e tre siamo riusciti a salire la via in libera. Salire da primo è sempre difficile mentalmente, quindi è stato veramente bello essere in tre e potersi dare il cambio.”

Tre giorni dopo la loro prima salita invernale del Schiefer Riss, e quindi anche della parete nord del Sagwand, Auer ci ha confidato che tutti e tre erano ancora piuttosto stanchi dalla loro esperienza. "Come spesso accade, ci sono ancora grandi sfide qui nelle Alpi, sulle nostre montagne di casa. Per tutti e tre questa è stata sicuramente una delle nostre invernali più difficili.”